Coloro che sono impegnati nel rimediare alla meno peggio alla crisi idrica ad Agrigento sono invitati a prestare attenzione ad un problema davvero intollerabile di cui sono già a conoscenza. Si tratta dell’erogazione dell’acqua con poca pressione, con la conseguenza che le cisterne non si riempiono. L’Aica considera in tal caso il turno di distribuzione eseguito, ma, in verità, i residenti erano a secco e a secco restano. Poi a fine mese pagano la bolletta con tutte le spese accessorie di conduzione, depurazione e tassa fissa. Ciò accade in tutta la città e (come da ultime segnalazioni) in particolare a Fontanelle, tra via Navarro Della Miraglia e via Provenzano. I residenti più volte si sono recati nella sede dell’Aica per rappresentare il problema. Non vi è stato al momento alcun riscontro. Al Comitato “Vogliamo l’acqua”, in particolare a don Mario Sorce, autorità istituzionali hanno appena raccontato (come gli è stato risposto da altre autorità istituzionali) che occorrono “tempi tecnici” per tutto: dissalatori, mini dissalatori, dighe pulite e pozzi attivati. Don Mario Sorce, da persona di esperienza, avrà compreso sicuramente che “tempi tecnici” da noi in Sicilia significa “mai”, come per tante infrastrutture attese da decenni. Ma da sacerdote animato da misericordia e benevolenza ha porto l’altra guancia, non si è agitato più di tanto, e, dopo essere stato costretto a ingoiare il rospo, ha ripetuto la manfrina dei “tempi tecnici” anche al microfono della stampa. Adesso per intervenire sulla pressione nell’erogazione dell’acqua occorrono “tempi tecnici”? Ma lo si comprende che, a parte il rischio per l’ordine pubblico, poco sussistente perché il popolo agrigentino è molto educato (almeno finora), ricorre un rischio per la salute pubblica, perché possono scatenarsi e dilagare delle infezioni? Una sottolineatura: i “tempi tecnici” sono esattamente il contrario degli obblighi emergenziali che gravano sulla Protezione civile, soprattutto nazionale, quando ricorrono calamità del genere.