Il Tribunale di Palermo ha condannato Giovanni Luppino, l’autista di Matteo Messina Denaro. Non ha retto l’imputazione di associazione mafiosa contestata dalla Procura. I dettagli.
Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, Cristina Lo Bue, a conclusione del giudizio abbreviato, ha condannato a 9 anni e 3 mesi di carcere Giovanni Luppino, 60 anni, l’imprenditore agricolo di Campobello di Mazara autista di Matteo Messina Denaro. A suo carico è stata inoltre disposta l’interdizione dai pubblici uffici e il risarcimento danni a titolo di provvisionale alle parti civili, i Comuni di Campobello di Mazara e di Castelvetrano, di 5 mila euro ciascuno, e poi altri 3 mila euro ciascuno per le altre parti civili costituite in giudizio. La Procura di Palermo lo scorso 22 settembre ha depositato istanza di rinvio a giudizio di Giovanni Luppino. Lui alla guida di una Fiat Bravo ha accompagnato lunedì mattina 16 gennaio 2023 Matteo Messina Denaro alla clinica “La Maddalena”, dove il boss è stato arrestato dai Carabinieri. Luppino inizialmente si è difeso così: “Non sapevo che fosse Matteo Messina Denaro, solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss. Mi è stato presentato come cognato di Andrea Bonafede, e l’ho accompagnato perché doveva sottoporsi alla chemioterapia”. Poi Giovanni Luppino, ammesso al giudizio abbreviato, ha risposto alle domande del giudice per le udienze preliminari, e ha parzialmente modificato il suo racconto: “Andrea Bonafede, mio compaesano, mi presentò un uomo sostenendo che fosse suo cugino, Francesco, e mi chiese di accompagnarlo a Palermo per delle cure. Un giorno lui, Francesco, si sentì male durante uno dei viaggi per Palermo. Io gli ho detto di andare in ospedale. E lui mi ha risposto: ‘Portami a casa, sono Matteo Messina Denaro, non posso andare in ospedale’. Non mi sono tirato indietro. Di fronte alla morte l’aiuto non si nega a nessuno. Messina Denaro mi comunicava con un pizzino lasciato nella cassetta della posta il giorno e l’ora in cui gli serviva il mio aiuto”. Poi i pubblici ministeri, Gianluca De Leo e Piero Padova, gli hanno domandato: “Lei conosce i componenti della famiglia Bonafede?”. E Luppino ha risposto “no”. E i magistrati hanno ribattuto: “E allora perchè Laura Bonafede e suo marito Salvatore Gentile hanno battezzato i suoi figli?”. E Luppino non ha più risposto. Giovanni Luppino è stato imputato di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati da mafia. Poi, in occasione della prima udienza preliminare, la Procura ha modificato il capo d’imputazione, aggravandolo in associazione mafiosa, così come è già stato per Lorena Lanceri, presunta vivandiera, insieme al marito Emanuele Bonafede, di Matteo Messina Denaro, per i due cugini omonimi Andrea Bonafede, il nato nel 53 e il nato nel 59, presunti prestanome a lavoro per assecondare interessi e necessità mediche (e non solo) del boss, e per l’insegnante Laura Bonafede, presunta fiancheggiatrice. Da ulteriori indagini e approfondimenti ad opera dei Carabinieri del Ros è emerso che lui, Giovanni Luppino, avrebbe preteso denaro da alcuni imprenditori, presentandosi come emissario di Messina Denaro, e precisando che i soldi sarebbero stati destinati al capomafia. E ciò sarebbe stato confermato dagli stessi imprenditori, ascoltati come testimoni, e che hanno altrettanto precisato: “I soldi chiesti non glieli abbiamo dati”. Inoltre, dalle analisi delle celle telefoniche agganciate da Giovanni Luppino emerge che avrebbe accompagnato in clinica Messina Denaro per ben 50 volte in due anni. E spesso i due avrebbero trascorso la notte a Palermo prima della seduta di chemioterapia a “La Maddalena”. E poi: a Giovanni Luppino sono stati sequestrati degli appunti relativi ad alcuni medici oncologi della clinica “La Maddalena”, e altri numeri telefonici per le prenotazioni di visite e trattamenti sanitari. E poi vi è un appunto sulla guarnizione per una “Giulietta”, esattamente lo stesso modello dell’automobile di Matteo Messina Denaro, l’Alfa Romeo nera modello “Giulietta” che è stata trovata dalla Polizia a Campobello di Mazara nei pressi del suo terzo covo, in via San Giovanni, innanzi all’abitazione di Giovanni Luppino, nel garage del figlio di Luppino, Antonino, anche lui arrestato con il fratello Vincenzo lo scorso 13 febbraio. I pubblici ministeri, a conclusione della requisitoria, hanno invocato la condanna di Luppino a 14 anni e 4 mesi di reclusione. Adesso la sentenza: 9 anni e 3 mesi, perchè il giudice non ha riconosciuto il reato di associazione mafiosa, e ha emesso condanna per le iniziali imputazioni, ovvero di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati da mafia.