L’ex presidente della Regione, e attuale ministro, Nello Musumeci, ascoltato come testimone al maxi processo sul “Sistema Montante” in corso a Caltanissetta. I dettagli.
Al maxi processo sul cosiddetto “Sistema Montante”, a carico di 30 imputati tra imprenditori, politici e forze dell’ordine, in corso innanzi al Tribunale di Caltanissetta, presieduto da Francesco D’Arrigo, è stato ascoltato come testimone l’ex presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, attualmente ministro alla Protezione civile nel governo Meloni. Tra l’altro, Musumeci ha affermato: “Antonello Montante fu uno degli artefici della mia sconfitta alle elezioni Regionali del 2012 per la presidenza della Regione. Nel senso che ha individuato e sostenuto la candidatura di Rosario Crocetta alla presidenza sostanzialmente in alternativa alla mia”. E poi, rispondendo alle domande del pubblico ministero, Davide Spina, Musumeci ha aggiunto: “Il dottore Montante nel primo incontro che abbiamo avuto mi disse che, per combattere la mia candidatura e farla divenire soccombente, si riteneva di puntare su Crocetta come candidato perché gay dichiarato, perché il suo impegno antimafia appariva sincero, schietto, determinato, e parlava di rivoluzione in una società nella quale il politico tradizionale aveva difficoltà ad attecchire”. Poi, più nel dettaglio, il ministro ha spiegato: “L’assessorato regionale ai Rifiuti inevitabilmente godeva della influenza di Antonello Montante perché tra gli uomini di Montante c’era Catanzaro, che gestiva una delle discariche più importanti in Sicilia. Io da presidente della Commissione antimafia l’ho ascoltato e interrogato più volte. Era un’influenza strutturale non politica. Il condizionamento del ‘cerchio magico’ di Montante era evidente. Il ‘cerchio magico’ è una sorta di loggia dove ognuno ha un ruolo e tutti si lavora per mantenere saldo il controllo del potere politico ed economico. Nel governo di Rosario Crocetta il potere politico era curato da Lumia, e Crocetta era una sorta di esecutore. E il potere economico era curato da Montante. Di questo ‘cerchio magico’ faceva parte anche la dottoressa Monterosso, segretario generale della Regione, e, per un certo periodo, anche il presidente o commissario di riscossione Sicilia, l’agenzia che aveva il compito di riscuotere le tasse, cioè l’avvocato Antonio Fiumefreddo. Il ‘cerchio magico’ era una struttura particolarmente elastica. Ne faceva parte anche il dottore Antoci che, insieme a Montante, era uno degli apostoli dell’antimafia in Sicilia. Io sono intervenuto per rimuovere Antoci dalla carica di presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi”. E poi Nello Musumeci ha raccontato: “Montante faceva sempre notare nei suoi discorsi che disponeva di tante amicizie e che se avessi avuto bisogno poteva intervenire lui. Mi disse che il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, era suo cugino e che se avevo bisogno di una sua intervista poteva intervenire lui. Io dissi che semplicemente avrei voluto che la stampa non avesse pregiudizi nei miei confronti. Dopo qualche tempo ricevetti in effetti la chiamata di Mulè ma non rilasciai alcuna intervista”. A difesa di Antoci, già preda di intimidazioni e agguati presumibilmente targati “mafia dei pascoli” durante la sua presidenza del Parco dei Nebrodi, è subito intervenuto il deputato e vice presidente della Commissione regionale antimafia, Ismaele La Vardera, che ha replicato: “La storia di Antoci è nota a tutti, tranne che a Musumeci, che cerca di ‘mascariare’ la storia di Antoci che fino a qualche giorno fa, grazie al suo protocollo, ha permesso arresti clamorosi sulla mafia dei Nebrodi. Un uomo che vive una vita blindata, che da anni lotta e si batte per la legalità, non può essere strumentalizzato e vilipeso da un ministro della Repubblica italiana. La Meloni intervenga e lo rimuova subito”. Altrettanto immediata è stata la replica di Giuseppe Antoci: “E’ incredibile come Musumeci, invece di spiegare i reali motivi della mia rimozione, mi citi in un contesto per me estraneo considerato che non ho mai conosciuto, incontrato, neanche per caso, né mai sentito il tono della voce di Antonello Montante, persona, ripeto, che non ho mai conosciuto e del quale ho commentato favorevolmente, con un apposito comunicato stampa del 10 maggio 2019, la sentenza di condanna. Dov’era Musumeci quando la mafia dal 41 bis mi continuava a condannare a morte? Dov’era Musumeci dopo gli attentati, le minacce? Tutta la politica italiana e tutti i partiti mi sono stati vicino. Anche i suoi colleghi di partito, da La Russa in poi, mi hanno manifestato grande vicinanza e solidarietà. Ma sempre gli altri esponenti politici: di lui neanche traccia, casualmente. Di lui si ricorda solo la mia rimozione che è stata commentata nei modi che conosciamo in Italia e all’Estero. Se Musumeci pensa di iniziare la sua campagna elettorale attaccando me, preoccupato della vicinanza dei cittadini siciliani alla mia azione e alla mia storia personale, sappia che io non indietreggerò di un passo, soprattutto per tutelare la mia dignità. A tal riguardo ho già dato mandato ai miei avvocati per porre in essere eventuali azioni legali. Non si può giocare con la vita delle persone perbene”.