La Cassazione riduce e rende definitive le condanne per mafia a carico dei saccensi Antonello Nicosia e Accursio Dimino. Tra le intercettazioni anche la preghiera a Matteo Messina Denaro.
Il 30 marzo del 2021 il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, Fabio Pilato, ha condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione Antonello Nicosia, 54 anni, di Sciacca, imputato in abbreviato di associazione mafiosa, e ha inflitto 20 anni di prigione ad Accursio Dimino, 62 anni, di Sciacca, imputato anche lui di associazione mafiosa. Il 29 novembre del 2022 la Corte d’Appello di Palermo ha ridotto a 15 anni di carcere la condanna a carico di Nicosia, e a 18 anni e 8 mesi la pena inflitta ad Accursio Dimino. Adesso la Cassazione ha ridotto ancora le due condanne rendendole definitive: 13 anni e 6 mesi per Nicosia, difeso dall’avvocato Rosanna Vella, e 17 anni e 3 mesi per Dimino, difeso dagli avvocati Salvatore Pennica e Dalila Principato. Antonello Nicosia, già componente del comitato nazionale dei Radicali italiani, fu arrestato all’alba del 4 novembre 2019, nell’ambito dell’inchiesta battezzata “Passe partout”, ovvero “passa dappertutto”, in riferimento all’accesso in tutte le carceri a beneficio di Nicosia in quanto Radicale e assistente parlamentare. Nicosia sarebbe stato da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, trasferendo all’esterno messaggi e anche ordini. Lui Antonello Nicosia, da assistente parlamentare e strumentalizzando tale incarico, ha accompagnato la deputata eletta in Molise, l’avvocato Pina Occhionero, 45 anni, poi del tutto assolta dall’imputazione di falso in concorso, in alcune ispezioni all’interno delle carceri siciliane: durante tali visite i boss avrebbero affidato all’assistente della parlamentare dei messaggi da recapitare all’esterno. Da alcune intercettazioni emerge che Nicosia, in riferimento all’uccisione di Giovanni Falcone nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, in automobile con un altro Radicale ha commentato così: “Fu un incidente di lavoro”. E poi: “Più che il magistrato faceva il politico”. E poi: “Bisogna cambiare nome a questo aeroporto, perché i nomi Falcone e Borsellino evocano la mafia. Perché dobbiamo sempre ‘arriminare’ (rimestare ndr) la stessa merda?”. “Ma poi sono vittime di che cosa? Di un incidente sul lavoro, no?”. “Ma poi quello là (Falcone) non era manco magistrato quando è morto, non esercitava. Perché l’aeroporto non bisogna chiamarlo Luigi Pirandello? O Leonardo Sciascia? E che cazzo, va. O Marco Polo?”, conclude ancora ridendo. Nicosia ha inoltre definito il boss Matteo Messina Denaro “il nostro primo ministro”. Nicosia avrebbe incontrato in carcere, approfittando delle sue ispezioni parlamentari, Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro per averne sposato la sorella Rosalia. E, ancora in carcere, avrebbe incontrato un altro detenuto del clan di Castelvetrano e lo avrebbe minacciato “a tenere la bocca chiusa”, verosimilmente perché si è temuto che si pentisse. E poi Nicosia e Dimino discutono di affari oltre oceano, con le slot machines. Così, Nicosia: “Noi dobbiamo andare là per fare, in California o in Texas o in un altro posto, non è che per forza dobbiamo farlo a New York. Dobbiamo fare una cosa per fare soldi, anche in un altro paese… in Canada, non ti puoi preparare per il Canada? Ci sono quelli di Cattolica Eraclea, non puoi vedere di inquadrare a questi? Non ci possiamo andare?”. Dimino: “Da questi per ora non ci arrivo, per ora, perché li hanno là i riberesi”. Poi Nicosia e Dimino meditano altri affari sui lavori di ristrutturazione del complesso alberghiero Torre Macauda a Sciacca. Così, Nicosia: “Facciamo questa operazione e vediamo a cosa porta. Forniture. Lavori di giardinaggio. Con una impresa amica. Magari ci possiamo guadagnare qualche 50mila euro, oltre il fatto che tu devi lavorare lì”. Poi Nicosia e Dimino discutono di omicidi. Il 29 gennaio 2018 si riferiscono a Paolo Cavataio, facoltoso imprenditore nel settore ittico, da uccidere in Africa, e poi depistare con il movente passionale. Le loro parole: “Cavataio, un’altra cosa inutile. Il più ricco di Sciacca… facciamocelo un giro lì in Marocco e ce lo chiamiamo. Gliela dobbiamo togliere l’impresa. Bisogna levarlo di mezzo. Poi quando è successo… e ha l’amante e ha quello… capace che ha toccato qualche femmina di qualcuno…. lo faccio io, l’importante che lo prendiamo”. Poi altro omicidio, il morto è Giuseppe Bono, ucciso a Sciacca in contrada Chiana il 3 dicembre 1998. Al momento nessun colpevole. E Accursio Dimino il 31 gennaio 2018 racconta ad Antonello Nicosia che Giuseppe Bono, “suo compare”, entrò in contrasto con il boss all’epoca latitante Salvatore Di Gangi per un furto di armi. Le parole di Dimino: “Perché lì, sono spariti ottanta pezzi… di quelli pezzi grossi sono spariti… noialtri un patrimonio ci aviamu spinnuto… oltre 150 milioni ci erano costati… ne erano arrivate tre casse”. Poi, altro omicidio di cui si discute, il 21 febbraio 2018, è l’uccisione di un altro imprenditore, Michele Bono. Nicosia ritiene che alcuni saccensi adesso negli Stati Uniti, come Agostino Ruvio, amico di Michele Bono, si sarebbero opposti alle loro iniziative per volontà dello stesso Bono. E dunque le parole di Dimino sono: “… allora arrivati a questo punto quello e tamm… un colpo eee”. Poi, altro omicidio di cui Nicosia e Dimino discutono è l’uccisione del maresciallo di Menfi, Giuliano Guazzelli, ad Agrigento, il 4 aprile del 1992. “Quello in divisa” lo indicano. E poi aggiungono: “Un omicidio dei cinquanta, sessanta commessi da Salvatore Fragapane”. Poi Antonello Nicosia, ancora intercettato, si riferisce a Matteo Messina Denaro, e la sua è una sorta di preghiera o invocazione, così: “Noi preghiamo San Matteo… tutti i Matteo… quelli buoni e quelli cattivi… San Matteo proteggici… Onorevole Occhionero… mai, mai si deve dire che siamo stati contro San Matteo, non si può sapere mai… Per ora c’è San Matteo che comanda e noi siamo, preghiamo San Matteo… grazie San Matteo per quello che ci dai tutti i giorni… grazie…”.