Clamorose dichiarazioni del generale dei Carabinieri del Ros, Mario Mori, assolto al processo “Trattativa”: “Il procuratore Giammanco prese il nostro dossier mafia e appalti, e lo diede a Cosa nostra”.
E’ clamoroso quanto scritto nel suo libro e appena dichiarato pubblicamente dal generale dei Carabinieri del Ros, Mario Mori, assolto con sentenza definitiva in Cassazione al processo “Trattativa Stato – mafia” e autore, insieme al colonnello Giuseppe De Donno, anche lui assolto, del libro: “‘La verità sul dossier mafia-appalti”, edito da Piemme. Intervenendo ad un dibattito a Bologna, il generale Mori ha affermato: “Il signor procuratore in carica nel 1992 a Palermo, Pietro Giammanco, è stato quello che ha preso la nostra informativa sui legami tra mafia e appalti e l’ha data a Cosa nostra. Dal 1992 al 18 novembre 2018 quando è morto, nessuno ha avuto il coraggio di sentire a verbale l’allora procuratore di Palermo, Pietro Giammanco, su quello che aveva fatto quegli anni. Solo questo meriterebbe una Commissione parlamentare d’inchiesta, perché insieme a lui qualcun altro ha concorso, se non altro chi non l’ha interrogato”… E poi, ancora in riferimento alle distorsioni del processo “Trattativa” e all’opportunità di una Commissione d’inchiesta anziché di un procedimento giudiziario, Mario Mori ha già spiegato: “Io ho presente la Costituzione: e secondo la Costituzione il magistrato deve applicare la legge, non estenderne il significato. In ogni caso, l’idea di dover fare luce su una fase della storia italiana avrebbe dovuto riguardare le competenze non della magistratura, ma di una commissione parlamentare d’inchiesta. Ecco, quella sarebbe stata una strada corretta per provare a comprendere il senso di quanto avvenuto nella storia del nostro Paese in quegli anni. Non capisco invece un’attività giudiziaria che si proponga un obiettivo del genere. Se ci fossero stati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sarebbe avvenuto nulla di quanto è avvenuto. Sarebbe stata tutta un’altra storia. I giudici del processo ‘trattativa’ hanno dovuto fare i conti con una pressione ambientale notevole, si sono trovati davanti una Procura importantissima come quella di Palermo. Hanno esaminato le carte, ascoltato i testimoni e redatto in tutta onestà la loro sentenza. Dai giudici palermitani ho ottenuto tre assoluzioni. Sicuramente il filone ‘Mafia e appalti’ poteva essere valorizzato meglio. Adesso sono scomparsi quasi tutti coloro che avrebbero potuto essere un riferimento per esplorare quelle ipotesi. Io all’epoca dell’indagine ‘Mafia e appalti’, sulla quale lavorai, ero un giovincello, ora ho 83 anni. Vengono a mancare le testimonianze. La famiglia Borsellino svolge un’opera meritoria e nobilissima, ma le possibilità di arrivare a dei risultati si sono ridotte terribilmente. Anche su via D’Amelio mi auguro vi sia qualcuno in grado di trovare il bandolo, ma anche qui non vedo molte possibilità”.