L’ex killer poi collaboratore della giustizia, Francesco Onorato, ascoltato a Caltanissetta al processo d’Appello sul depistaggio Borsellino: “La Barbera era nelle mani di Riina”.
Al processo di secondo grado, in corso innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio, è stata riavviata l’istruttoria dibattimentale. Saranno riascoltati i collaboratori di giustizia Vito Galatolo e Francesco Onorato, e l’ex poliziotto Gioacchino Genchi. E ciò perché nel ricorso d’Appello contro la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale, la Procura nissena ha prospettato come necessaria una nuova valutazione delle prove orali “che – hanno scritto i magistrati che hanno impugnato la sentenza – sarebbero state svalutate o non adeguatamente considerate dai giudici di primo grado”. E dunque adesso la Corte d’Appello, presieduta da Giovanbattista Tona, ha convocato Francesco Onorato, annunciando che la sua testimonianza sarebbe ruotata soprattutto intorno all’ex capo della Squadra Mobile di Palermo all’epoca delle stragi del ’92, Arnaldo La Barbera, indicato come il primo “burattinaio” del falso pentito Vincenzo Scarantino. E lui, Francesco Onorato, che, tra gli altri, ha ucciso Salvo Lima, ha raccontato: “La prima volta che ho sentito il nome di Arnaldo La Barbera è stato per una rapina a Palermo. La Barbera aveva sparato a un rapinatore dell’Acquasanta uccidendolo. Nelle regole di Cosa nostra solo Cosa nostra poteva uccidere. Un poliziotto non si poteva permettere di uccidere un altro. Biondino mi disse che si doveva uccidere La Barbera. Poi lo stesso Biondino mi disse che Riina e Madonia tenevano a La Barbera e che lo avevano tra le mani. Avevano archiviato quindi questa cosa”. E poi, più nel dettaglio, Onorato ha aggiunto: “Dopo l’omicidio di Salvo Lima, avvenuto il 12 marzo del ‘92, Salvatore Biondino portò una lista di persone che dovevano essere uccise, e nell’occasione mi disse che si doveva progettare di uccidere anche Arnaldo La Barbera. Io mi recai a studiare l’abitudine e i movimenti di La Barbera all’Hotel ‘Perla del Golfo’ a Cinisi, dove alloggiava. Lì studiavo le abitudini di La Barbera. Mentre ero alla ‘Perla del Golfo’, con Giovanni Ferrante studiavamo come farlo saltare in aria. Fu ucciso Borsellino e quel giorno io ero alla ‘Perla del Golfo’. L’indomani della strage Borsellino a La Barbera gli rinforzano la scorta. Mentre ero all’Hotel mi chiamò mio cugino, che era vicedirettore alla ‘Perla del Golfo’, e mi avvisò che c’erano andati i Carabinieri e gli avevano comunicato che lì dormiva un mafioso, cioè Onorato. Poi andai latitante e l’omicidio di La Barbera non si fece più. Quando la televisione annunciò la collaborazione di Vincenzo Scarantino, io e altri mafiosi detenuti all’Ucciardone ci mettemmo a ridere, dicendo che il dottore La Barbera si stava comportando bene, che aveva le corna dure. E con Pino Galatolo e con qualche altro uomo d’onore si parlava di questo episodio, che La Barbera usava lo Scarantino per parare altre persone, portando una strada diversa da quella che poi realmente era. La Barbera era in mano ai Madonia, che si vantavano anche di avere ottimi rapporti con i servizi segreti, e anche con Bruno Contrada, anche se lui era nelle mani di Rosario Riccobono di Partanna Mondello, e prima di Stefano Bontate – ha concluso Onorato. Il pubblico ministero, Maurizio Bonaccorso, ha proposto (e la Corte si è riservata di decidere) che siano convocati a deporre anche i poliziotti Andrea Grassi, Gabriella Tomasello, Armando Infantino, Giuseppe Lo Presti e Nicolò Giuseppe Manzella. Andrea Grassi e Gabriella Tomasello riferiranno sulla presenza – come hanno sostenuto – della borsa di Paolo Borsellino, in cui vi sarebbe stata l’agenda rossa del magistrato – nella stanza d’ufficio del capo della Squadra Mobile, Arnaldo La Barbera, già il 19 luglio del ’92, dopo l’esplosione. Infantino, Lo Presti e Manzella, invece, ricostruiranno le fasi del prelevamento e del trasferimento della borsa di Paolo Borsellino dal luogo dell’attentato.