Fuochi d’artificio fuori dal carcere in strada, droni che volano silenziosi, atterrano e consegnano droga e telefonini, rivolta interna contro le condizioni di vivibilità e detenuti insorti arrestati: il carcere “Pasquale Di Lorenzo” ad Agrigento naviga in mare agitato. Da ultimo sei carcerati, presunti affiliati alle mafie del sud, ovvero Cosa Nostra, Camorra e Ndrangheta, sono sotto processo per l’ipotesi di reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione: avrebbero telefonato ai familiari direttamente dalle celle di alta e media sicurezza del penitenziario in contrada Petrusa. Uno ha patteggiato, altri quattro sono a processo ordinario, e un sesto ha scelto di essere giudicato in abbreviato. Quanto sarebbe accaduto risale al periodo compreso tra marzo e aprile 2021, ed è stato scoperto nel corso di controlli e perquisizioni effettuate dagli agenti della Polizia penitenziaria. I sei sono Nicola Inquieto, 49 anni, di Pozzuoli, ed è l’imprenditore che ha gestito in Romania l’impero milionario del capo dei capi del clan dei Casalesi, Michele Zagaria, arrestato dopo anni di latitanza nel 2011 proprio in casa del fratello di Inquieto. Poi Vincenzo Carnevale, 58 anni, di Pozzuoli, cognato del boss della Camorra Gaetano Beneduce. Poi Mario Leonardi, 42 anni, di Paternò, ritenuto affiliato al clan Assinnata, legato alla famiglia catanese Santapaola-Ercolano. Poi Michele Angelo Fichera, 58 anni, cognato dell’ex reggente del clan Laudani, Francesco Pistone. Poi Antonio Rei, 33 anni, di Chiaravalle Centrale, presunto affiliato alla cosca di Ndrangheta Iozzo-Chiefari, radicata nei Comuni della provincia di Catanzaro. E Giovanni Lo Monaco, 36 anni, di Castelvetrano. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Barba, Nicola Marino, Ninni Giardina, Gianfranco Pilato, Giacomo Frazzitta, Giovanni Russomanno, Salvatore Pappalardo e Luisa Maria Chiappello.