Al processo d’Appello sul “depistaggio Borsellino” riavviata l’istruttoria dibattimentale. Saranno ascoltati due pentiti, Genchi, e probabilmente altri cinque poliziotti.
Al processo di secondo grado, in corso innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio, è stata riavviata l’istruttoria dibattimentale. Saranno infatti riascoltati i collaboratori di giustizia Vito Galatolo e Francesco Onorato, e l’ex poliziotto Gioacchino Genchi. E ciò perché nel ricorso d’Appello contro la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale, la Procura nissena ha prospettato come necessaria una nuova valutazione delle prove orali “che – hanno scritto i magistrati che hanno impugnato la sentenza – sarebbero state svalutate o non adeguatamente considerate dai giudici di primo grado”. E dunque, il prossimo 9 gennaio la Corte d’Appello, presieduta da Giovanbattista Tona, ha convocato Galatolo e Onorato. E poi il 16 gennaio sarà interrogato l’ex poliziotto, e oggi avvocato, Genchi. Inoltre, il pubblico ministero, Maurizio Bonaccorso, ha proposto (e la Corte si è riservata di decidere) che siano convocati a deporre anche i poliziotti Andrea Grassi, Gabriella Tomasello, Armando Infantino, Giuseppe Lo Presti e Nicolò Giuseppe Manzella. Andrea Grassi e Gabriella Tomasello riferiranno sulla presenza – come hanno sostenuto – della borsa di Paolo Borsellino, in cui vi sarebbe stata l’agenda rossa del magistrato – nella stanza d’ufficio del capo della Squadra Mobile, Arnaldo La Barbera, già il 19 luglio del ’92, dopo l’esplosione. Infantino, Lo Presti e Manzella, invece, ricostruiranno le fasi del prelevamento e del trasferimento della borsa di Paolo Borsellino dal luogo dell’attentato. Ed ancora lo stesso pubblico ministero, Bonaccorso, ha prospettato ulteriori e nuove produzioni istruttorie legate all’inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla scomparsa dell’agenda rossa, in cui sono indagate la figlia e la moglie di Arnaldo La Barbera, che, su volontà espressa dallo stesso La Barbera prima della morte nel 2002, avrebbero custodito in casa l’agenda rossa. Ecco perché recentemente, ma con esito negativo, sono state perquisite le abitazioni delle due donne. Così ha raccontato il padre di un’amica di Serena La Barbera, figlia di Arnaldo. La figlia di tale testimone si sarebbe rivolta al padre così: “La mia amica Serena (ovvero Serena La Barbera, figlia di Arnaldo) non si sente più di tenere una cosa di suo padre. Potresti conservarla tu?”. E il padre le ha chiesto: “Ma cosa è?”. E la figlia, amica di Serena, gli ha risposto: “E’ l’agenda rossa di Borsellino”. E poi lo stesso testimone ha aggiunto: “Mia figlia mi ha raccontato anche un’altra confidenza di Serena La Barbera: sua madre, su indicazione del marito prima di morire, ha usato la documentazione che nascondevano per fare assumere la figlia ai Servizi segreti di sicurezza”. Nel frattempo, dopo 31 anni, è appena emersa, ed è stata acquisita dalla Procura di Caltanissetta, una relazione di Arnaldo La Barbera firmata il 20 luglio del ’92, il giorno dopo la strage. La Barbera scrive che la borsa del magistrato, con il suo contenuto, è stata consegnata all’allora procuratore capo di Caltanissetta, Giovanni Tinebra.