Al processo sul depistaggio Borsellino in corso a Caltanissetta depositati video e intercettazioni d’epoca di Riina: “Volevamo uccidere La Barbera, ma i Madonia si opposero”.
Alcuni video e intercettazioni delle conversazioni di Totò Riina con il compagno dell’ora aria Alberto Lorusso, registrate l’8 novembre del 2013 nel carcere di Opera sono adesso agli atti del processo d’Appello sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio in corso a Caltanissetta. In sintesi, Riina e suo cognato Leoluca Bagarella avrebbero voluto la morte di Arnaldo La Barbera, il capo del pool investigativo “Falcone e Borsellino”, presunta cinghia di trasmissione del depistaggio, ma i Madonia si opposero. Le frasi intercettate, trascritte e appena depositate dal pubblico ministero, Maurizio Bonaccorso, sono: “Ma chi i Madonia, Nino Madonia, i fratelli Madonia… i Madonia erano confidenti dei Servizi segreti… c’era una legge che interessava a loro… e loro convincevano Riina a lasciare La Barbera, il commissario La Barbera, gli dicevano non lo dovete toccare. Dice, ma poi come mai non l’hanno ucciso… dice, non lo so ma lo vorrei sapere perché non l’hanno ucciso. Il poliziotto… carabiniere… ammazzare e non l’hanno ammazzato. Il carabiniere con uno di Caltanissetta, sì… dei Servizi segreti, abitava a Milano, allora”. Poi Riina si riferisce a presunte spie: “Se avessi avuto contatti con questi, con queste spie, spie che dicono loro, questi spioni sono loro, gli spioni sono loro, le spie sono loro. Le spie erano Saro Riccobono, Tano Badalamenti, Stefano Bontate… questi collaboravano tutti però, questi. Perciò, invece di dire che eravamo spioni noialtri, questi erano quelli che combattevano a noialtri”. Anche secondo il collaboratore di giustizia Francesco Onorato, Arnaldo La Barbera sarebbe stato salvato dal contatto proprio con la famiglia mafiosa del quartiere Resuttana, i Madonia. E Francesco Onorato, che è colui che ha ucciso Salvo Lima, ha raccontato: “Quando la televisione annunciò la collaborazione di Vincenzo Scarantino, io e altri mafiosi detenuti all’Ucciardone ci mettemmo a ridere, dicendo che il dottore La Barbera si stava comportando bene, che aveva le corna dure”. E ha aggiunto: “Quando Scarantino collabora, sia con Pino Galatolo che con qualche altro uomo d’onore si parlava di questo episodio, che La Barbera usava lo Scarantino per parare altre persone, portando una strada diversa da quella che poi realmente era. La Barbera era in mano ai Madonia, che si vantavano anche di avere ottimi rapporti con i servizi segreti, e anche con Bruno Contrada, anche se lui era nelle mani di Rosario Riccobono di Partanna Mondello, e prima di Stefano Bontate. A La Barbera non lo volevano toccato neanche quando Salvatore Biondino, reggente di San Lorenzo, lo voleva uccidere perché aveva voltato le spalle a Cosa Nostra. E i Madonia si oppongono. Il progetto di uccidere La Barbera nasce per come aveva ammazzato due rapinatori, mentre nessuno si poteva permettere, all’infuori di Cosa Nostra, di uccidere a Palermo, neanche un poliziotto”. Proprio a Francesco Onorato, nell’estate del ’92, fu affidato l’incarico di pedinarlo e di progettare l’attentato a La Barbera al residence La Perla del Golfo dove alloggiava”.