Il legale di Salvatore Borsellino, l’avvocato Fabio Repici, ascoltato dalla Commissione nazionale antimafia sulle stragi del 92-93 e sul dossier mafia e appalti. I dettagli.
In Commissione nazionale antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, impegnata in un’inchiesta conoscitiva sul periodo delle stragi tra il ’92 e il ’93, e sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio, è stato ascoltato l’avvocato Fabio Repici, che assiste Salvatore Borsellino, il fratello del giudice Paolo. In riferimento alla valenza e agli obiettivi delle stragi, Repici ha affermato: “E’ assolutamente un’ulteriore guerra mossa alla realtà quella di separare le stragi commesse in Sicilia nel ’92 e quelle commesse in continente non solo nel ’93 e nel ‘94. Per voce unanime di tutti i collaboratori di giustizia, non solo siciliani, che hanno riferito sulle stragi in generale del biennio ’92-’94, ma in particolare le stragi del 1992, non ce n’è stato uno solo che abbia segnalato all’autorità giudiziaria che quelle stragi avrebbero avuto una funzione stabilizzatrice del sistema di potere. Le stragi del 1992 e del 1993 sono state stragi destabilizzanti, per abbattere la Prima Repubblica. E il primo atto stragista del 1992, ovvero la strage di Capaci, ha avuto come immediato effetto, riconosciuto da sentenze irrevocabili, quello di impedire a Giulio Andreotti di essere eletto Presidente della Repubblica, cosa che invece era, nei fatti, operazione non dico solo possibile, ma probabilmente già in atto. Su questo io rimando alle dichiarazioni di chi, secondo le sentenze irrevocabili, è stato il principale esecutore della strage di Capaci, e cioè Giovanni Brusca”. E poi, in riferimento alla tesi del dossier “mafia e appalti” come causale della strage di via D’Amelio, l’avvocato Repici ha risposto: “Nessuno dei soggetti coinvolti nel dossier ha avuto rapporti con Giuseppe Graviano. Un dato è indiscutibile: la parte esecutiva della strage di via d’Amelio è stata supervisionata, controllata ed eseguita da Giuseppe Graviano, capo mandamento al tempo di Brancaccio, e dai suoi uomini. Tutti i soggetti in qualche modo coinvolti, o coinvolgibili, nelle vicende in negativo del dossier ‘mafia e appalti’, sono soggetti che, in realtà, all’avvio della Seconda Repubblica erano defunti o dei fantasmi rispetto al sistema di potere che nel frattempo aveva raggiunto dei nuovi equilibri. Il depistaggio di via D’Amelio non è stato fatto per coprire ‘mafia e appalti’.
Poiché si tratta – come acclarato dalle sentenze – del più grande depistaggio della storia giudiziaria d’Italia, io vorrei capire che scopo abbia avuto il più grande depistaggio, costruito con le false dichiarazioni di Vincenzo Scarantino: quello di tutelare dalle investigazioni i soggetti coinvolti in ‘mafia e appalti’, che non esistevano più fisicamente o che non esistevano più tra i ranghi del potere? E’ ovvio che questa è, anche per via logica, l’ulteriore dimostrazione di come oggi, a 31 anni di distanza dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio, sostenere quella ipotesi vuol dire veramente portare ulteriori ostacoli alla già faticosa, mai abbastanza faticosa ricerca della verità”.