Matteo Messina Denaro inizialmente si è convinto di essere stato arrestato perché tradito. Poi ha compreso di essere stato vittima di un errore suo.
Quando un boss, un capo, un irriducibile, un latitante introvabile da decenni, è invece sorpreso e arrestato, lui non ha altre spiegazioni: “Sono stato tradito”. Così è stato ad esempio per Totò Riina, che sarebbe stato davvero tradito. E forse non da Balduccio Di Maggio, il suo autista. E così è stato anche per Matteo Messina Denaro. La mattina del 16 gennaio scorso lui si sarà scervellato: “Sono stato tradito. Ma come, da chi? Sono sfuggito alla cattura per 30 anni, e adesso che sono gravemente malato sono stato trovato”. Già: come sono stati capaci di scovarlo, di scoprire che dietro il nome di Andrea Bonafede vi fosse lui, il numero uno dei latitanti d’Italia? I Carabinieri del Ros e i magistrati che lo hanno interrogato hanno precisato fin da subito: “Le assicuriamo che non l’ha tradita nessuno”. Lui non ha creduto, o ha molto stentato a crederci. Matteo Messina Denaro si è convinto che se un traditore vi fosse stato, allora il traditore sarebbe stato dentro la malattia, e avrebbe rivelato la malattia e non la sua identità. E ciò perché è stato arrestato fuori dalla clinica “La Maddalena” a Palermo, e non nella sua casa a Campobello di Mazara. Lo ha tradito Andrea Bonafede? E Matteo Messina Denaro, interrogato, ha controbattuto: “Andrea Bonafede solo se era pazzo si poteva mettere a dirlo. Perché capiva che poteva essere arrestato”. L’altra ipotesi assurda e grottesca è che l’avesse tradito la sua sorella prediletta, Rosalia, poi arrestata anche lei. Nel frattempo Messina Denaro ha letto gli atti giudiziari relativi al suo arresto. Ha scoperto che a tradirlo è stato il ‘pizzino’ meticolosamente descrittivo della sua malattia trovato in una gamba di una sedia nella camera da letto a casa della sorella Rosalia, dove i Carabinieri si sono intrufolati per nascondere altre microspie. Nessun tradimento quindi, ma un appunto mai distrutto dall’amatissima sorella. E dunque Matteo ha capito: “Sono stato preso per la mia malattia, e per un errore mio: quello di dire a mia sorella del tumore”. E interrogato ha spiegato: “Ho svelato tutto a mia sorella per non restare in silenzio. Non volevo farmi trovare morto e nessuno in famiglia sapeva niente. Non volevo che i miei parenti più stretti sapessero della mia morte dai giornali”. Così accadde al padre Francesco, morto da latitante vittima di un infarto, e ritrovato in un casolare in campagna già vestito e pronto per i funerali. Poi, ancora interrogato e in riferimento al suo arresto, Matteo Messina Denaro ha aggiunto: “Non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia. La mia vita non è che è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa, movimentata. Voi avete una tecnologia inimmaginabile… E io come dovevo difendermi? Fu così che iniziai a vivere da caverna, perché la tecnologia con la caverna non si potranno mai incontrare. Io telefonini non ne avevo, anche perché la nostra generazione non è che aveva il telefonino da giovane, quindi sapevamo come vivere anche senza”. Poi il telefonino è stato costretto a procurarselo quando si è ammalato, per mantenere i contatti con i sanitari e le strutture sanitarie. Ma non lo ha tradito il telefonino. E’ stata la malattia, l’errore suo di svelare alla sua famiglia la sua malattia.