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Sicilia, palle al piede da 1,2 miliardi

Preoccupante report della ConfCommercio Sicilia: criminalità organizzata e illegalità diffusa costano all’isola 1 miliardo e 200 milioni di euro all’anno. I dettagli.

Tra le tante palle al piede che impediscono, ostacolano o ritardano il progresso economico e sociale della Sicilia, le più pesanti, con poco ragionevole dubbio, sono la burocrazia, la criminalità organizzata e l’illegalità diffusa. E così conferma ConfCommercio Sicilia, che denuncia: “Nell’isola i costi dell’illegalità ammontano a 1 miliardo e 200 milioni di euro all’anno, tra contraffazione, abusivismo, estorsioni, usura, infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio e corruzione, a danno della concorrenza, della fiducia degli operatori economici e degli investimenti. E l’associazione spiega: “In Sicilia quasi il 14% delle imprese del terziario di mercato percepisce un peggioramento della sicurezza. Più nel dettaglio, l’usura è il fenomeno percepito in maggior aumento dal 31% delle imprese. Il racket, anch’esso in aumento, è ravvisato dal 21% degli imprenditori sondati. L’11% ha avuto esperienza diretta di episodi di usura o estorsione. A fronte dell’usura e del racket, il 58,4% degli imprenditori ritiene che si dovrebbe denunciare, il 33,6% non saprebbe come comportarsi, il 6,4% si rassegna. E poi, ancora in Sicilia, almeno 3mila imprese del commercio, della ristorazione e della ricettività sono oggi ad elevato rischio usura. Ecco perché l’illegalità costa alle imprese siciliane del commercio e dei pubblici esercizi quasi 1 miliardo e 200 milioni di euro all’anno, pregiudica circa 10mila posti di lavoro, e taglia il 6,3% all’anno del fatturato e del valore aggiunto. Più in particolare: l’abusivismo commerciale costa 500 milioni di euro, nella ristorazione pesa per 200 milioni, la contraffazione per 150 milioni, il taccheggio per 100 milioni. Altro incide per 250 milioni. In Sicilia c’è più consapevolezza del fenomeno, e di conseguenza la denuncia alle forze dell’ordine è percepita come un’esigenza imprescindibile per arginare questo fenomeno, che ha un costo elevatissimo per l’economia legale: 31 miliardi l’anno, a livello nazionale, per commercio e pubblici esercizi. Continua a esserci un ottimo rapporto di fiducia e collaborazione con magistratura e forze dell’ordine ma occorre sottolineare che purtroppo la Sicilia è uno dei territori più colpiti dalla crisi economica e dalla mancanza di liquidità. Possiamo calcolare che almeno 2.500 – 3.000 imprese rischiano di essere ‘assorbite’ da chi, attraverso l’usura e l’estorsione, cerca di approfittare del livello di grave difficoltà delle aziende dei settori più colpiti. Lo Stato – conclude ConfCommercio – può e deve fare di più per le categorie che hanno subito i colpi più duri della crisi senza poter contare su sostegni adeguati e veloci. Occorre eliminare gli ostacoli che si frappongono fra gli imprenditori e il diritto al credito, per assicurare liquidità alle imprese e garantire loro di poter andare avanti”.

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