Rientra in carcere il minorenne che ha partecipato allo stupro di gruppo a Palermo: raccapricciante è quanto ha scritto dopo avere beneficiato della scarcerazione.
Il minorenne che, ancora minorenne, lo scorso 7 luglio è stato, come emerge dai video e dalle intercettazioni, tra i più accaniti del branco dei sette che ha stuprato la ragazza di 19 anni a Palermo al Foro Italico, ha ammesso le proprie responsabilità e il giudice per le indagini preliminari del Tribunale lo ha premiato, scarcerandolo e affidandolo ad una Comunità, riconoscendone il “ravvedimento e l’atteggiamento collaborativo”. La Procura dei Minorenni ha annunciato ricorso, ma non è stato necessario. Infatti: altro che “ravvedimento e atteggiamento collaborativo”. Il giudice ha ordinato il trasferimento in carcere del minorenne, R P sono le iniziali del suo nome, dopo avere letto i messaggi da lui appena scritti nelle chat sui social. Lui racconta lo stupro, e scrive: “Lei si è sentita male ed è svenuta più di una volta, troppi cianchi (troppe risate) cumpà. Troppo forte”. E ancora: “Manco a canuscievo (non la conoscevo), siamo stati con lei in sette”. Poi alcune immagini con le frasi: “Chi si mette contro di me si mette contro la morte”, “Le cose belle si fanno con gli amici”, “Sto ricevendo tanti messaggi in privato da ragazze, ma come faccio a uscire con voi, siete troppe”, “Ah, volevo ringraziare a chi di continuo dice il mio nome, mi state facendo solo pubblicità e like”, “Arriviamo a 1000 follower così potrò fare la live e spiegarvi com’è andata realmente”. Poi aggiunge: “Mi piace trasgredire”. E la musica di sottofondo è una canzone: “Nun se toccano e femmine”. Poi un’immagine, degli attori del film “Quei bravi ragazzi”. E il giudice Antonina Pardo, che lo ha trasferito in carcere, motiva e scrive: “Tali nuovi e sopraggiunti elementi investigativi tratteggiano la personalità di un giovane che, lungi dall’aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso (avvalendosi della forza del gruppo ai danni di una giovane donna resa inerme a causa dell’intossicazione da alcol procurata dagli stessi partecipanti alla violenza), avendo ottenuto condizioni di maggiore libertà con l’inserimento in comunità, ha continuato a utilizzare il telefono cellulare o altro dispositivo informatico per vantarsi delle sue gesta e per manifestare adesione ai modelli comportamentali criminali”.