In occasione del primo interrogatorio, Matteo Messina Denaro ha raccontato le origini del benessere della sua famiglia. Anche un affare che da 800 milioni fruttò 20 miliardi.
Lo scorso 13 febbraio, in occasione del primo interrogatorio dopo l’arresto, innanzi al procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, all’aggiunto Paolo Guido, e ai Carabinieri del Ros, Matteo Messina Denaro ha negato omicidi e stragi, ha ammesso di essere “uomo d’onore” ma non nel senso di appartenere alla mafia, e ha raccontato anche la sua verità su come la sua famiglia si è arricchita, le origini del suo benessere, con il traffico dei beni archeologici e delle opere d’arte. Ecco il suo racconto: “Io sono un appassionato di storia antica. Mio padre era un mercante d’arte. Quindi io, dove ci sono io, a Castelvetrano, c’è Selinunte. Mio padre non è che andava a scavare però a Selinunte. A quell’epoca c’erano mille persone e tutte e mille, pure le donne, scavavano di notte. Quelle che non scavavano di notte scavavano di giorno con la Sovrintendenza dello Stato. Però cosa facevano in più (ora magari non si può fare più): che quando con l’ascia vedevano uscire qualcosa, con il piede coprivano e poi la notte ci ritornavano a prendersele. In genere il 100% di queste cose li comprava mio padre, che poi venivano vendute in Svizzera, e poi arrivavano dalla Svizzera dovunque, in Arabia, negli Emirati Arabi, in America. Noi vedevamo cose che passavano da mio padre nei musei americani, non so come poi ci sono arrivati nei musei, però poi si partiva tutto dalla Svizzera”. I magistrati lo interrompono: “Signor Messina Denaro, suo padre era uomo d’onore?”. E lui risponde: “Non gliela feci mai questa domanda”. E poi prosegue: “Mio padre aveva la seconda elementare, però non so perché negli anni ’60, io nemmeno ero nato, si appassionò a ste cose e diventò veramente un… venivano da tutte le parti per consigli perché succedeva pure una cosa, le spiego… ci sono dei vasi di ceramica che si chiamano ‘lekythos’ per esempio, che li trovavano senza figure allora. In Sicilia c’è un luogo, Centuripe, vicino Catania tra Enna e Catania, dove c’è qualcuno che sa mettere le figure. Allora che facevano… Il vaso senza figura ai tempi andava dai 2 ai 3 milioni di lire. Se ci mettiamo le figure diventa 20-30 milioni o 40 milioni. Loro cosa facevano a Centuripe, solo a Centuripe gli facevano i disegni e li sotterravano: dopo 4 o 5 anni li toglievano e non c’era più come si stabiliva poi. Perché il pezzo era originale. Era un reato però, perché io, noi sappiamo che i beni che sono sottoterra appartengono allo Stato, però non ce ne fregava niente”. E poi Matteo Messina Denaro racconta ancora: “Nel ’78 io avevo 16 anni, ho trovato un vaso pieno di monete. Vede che quello che sto dicendo è verità. Parliamo di monete d’argento. Che cosa succede: le monete si trovavano così sparse per terra con i metal detector, invece i vasi no: dovevi scavare le tombe. Però chi scavava, i tombaroli, erano bravi, conoscevano. Allora che cosa succede: che quando c’era qualcuno nell’antichità, qua parliamo nel VII secolo a.C. quindi si parla 2600 anni fa, che cosa succede quando c’era qualcuno ai tempi, 2600 anni fa, che faceva collezione o qualcuno tirchio che metteva le monete tutte tipo a salvadanaio dentro un vaso, un vaso in genere o di metallo o di ceramica. Se si trovava questo vaso, le monete all’interno erano tutte nuove, tutte nuove, perché in 2600 anni non si faceva una patina, e poi era un grappolo così tipo un grappolo d’uva, tutte incollate, e poi c’era il sistema per scollarle. Di questi ne sono state trovate, fino a quando ci siamo stati noi, 8: 7 sono passati da mio padre, uno no perché chi li trovò se ne andò direttamente in Svizzera a venderli. Comunque quello del ’78, per farle avere un’idea, quello del ’78, una sera io avevo circa 16 anni, venne marito, moglie e due figli che furono quelli che trovarono e li misero tutti lì, erano circa 700 monete tutte d’argento nuovissime perché non avevano avuto uso e mio padre li comprò 800 milioni di lire (siamo nel’78) ma mio padre non è che aveva 800 milioni di lire in tasca, allora gli fece un assegno a garanzia di 800 milioni, e loro una volta alla settimana venivano e si prendevano 50 milioni fino alla risoluzione del debito. Il momento in cui fu tutto pagato si strappò l’assegno. Poi mio padre non li vendette tutti in unico blocco, fece blocchi di 4-5 e prese poco più di 20 miliardi di lire”. I magistrati gli domandano: “Che fine hanno fatto quei soldi?”. E Messina Denaro risponde: “Li abbiamo investiti. In quello che li abbiamo investiti molto ve lo siete presi non lei ma come Stato. Il resto che non vi siete preso, un po’ era conservato per viverci: noi siamo una famiglia di circa 30 persone, la metà in carcere, io latitante, aerei, avvocati: ce ne volevano soldi quindi, se ne andavano”.