Invocato il trasferimento dal carcere “Pagliarelli” dei sei componenti del branco che ha stuprato la ragazza di 19 anni a Palermo: sarebbero stati minacciati.
La Direzione del carcere “Pagliarelli” a Palermo ha sollecitato il trasferimento altrove dei sei arrestati per lo stupro di gruppo a danno della ragazza di 19 anni lo scorso 7 luglio al Foro Italico a Palermo. In una nota diffusa dalla Direzione tra l’altro si legge: “L’immediato allontanamento dal carcere nasce perché l’elevato clamore mediatico della vicenda ha determinato la piena conoscenza dei fatti alla popolazione detenuta: i sei arrestati hanno anche il divieto d’incontro che, con non poche difficoltà, si riesce a garantire. E quindi la richiesta di allontanarli da quella sede è stata avanzata per prevenire possibili azioni destabilizzanti per l’ordine e la sicurezza”. Lo stesso appello è stato sollevato dagli avvocati difensori dei sei arrestati, perché sarebbero stati minacciati in carcere. Nel frattempo i familiari dei sette giovani arrestati, compreso il minorenne di 17 anni, hanno presentato una denuncia contro ignoti per i messaggi di minacce e gli insulti ricevuti da quando si è diffusa la notizia che i loro figli, fratelli e parenti sono stati arrestati. Con la denuncia si mira anche a identificare gli autori dei commenti sui social, e coloro che hanno pubblicato profili fake degli arrestati, e le foto degli indagati, con migliaia di visualizzazioni. Indaga la Polizia Postale. E su ciò è intervenuto anche il Garante della privacy che ha ammonito sulle conseguenze, anche penali, della diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro e dell’eventuale video registrato. A seguito di numerose notizie stampa su una “caccia al video”, che si è scatenata nelle chat, il Garante, con due provvedimenti d’urgenza, ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma affinché sia garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitandole un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla. Il Garante spiega che la possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, è in contrasto, peraltro, con le esigenze di tutela della dignità della ragazza.