Report Arpa, scarichi fognari illegali: in Sicilia è autorizzato solo il 17,5% degli impianti di depurazione. Milioni di multe da parte dell’Europa.
In Sicilia vi sono oltre 460 impianti per il trattamento degli scarichi fognari, di cui circa 380 sono attivi. E dei 380 solo il 17,5 per cento opera con autorizzazione allo scarico in corso di validità. Tutti gli altri sono in funzione senza autorizzazione, o con autorizzazione attualmente scaduta, o sono stati destinatari di decreti di diniego allo scarico. Così è secondo gli ultimi dati dell’Arpa, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, che spiega: “Alla base delle mancate autorizzazioni vi sono impianti rimasti incompleti, mai attivati o divenuti nel tempo sotto-dimensionati o tecnologicamente vetusti. Ed è una situazione che espone la Sicilia a sanzioni da parte dell’Unione europea perché si continuano a riversare nell’ambiente scarichi inquinati”. Infatti, secondo il Commissario unico per la depurazione sono 276 gli agglomerati siciliani non in regola, inseriti nelle quattro procedure d’infrazione avviate contro l’Italia. I costi sono notevoli. Soltanto la prima procedura costa all’Italia 30 milioni di euro a semestre, pari a 165 mila euro al giorno, circa 10 euro l’anno ad abitante” per agglomerati dislocati prevalentemente in Sicilia, Calabria e Campania. Ed ancora: in Sicilia la depurazione non è garantita per tutti i cittadini. Secondo l’Arpa, su una popolazione di 5 milioni di abitanti, solo il 61 per cento circa è servito da un impianto. E nei Comuni capoluogo di provincia lo è il 71,5 per cento. E poi, in riferimento alla destinazione degli scarichi, gli impianti sfociano per lo più in torrenti e fiumi (il 75 per cento) e in misura minore in mare. Il controllo spetta per legge all’Arpa, che ha il compito di valutare il carico inquinante delle acque trattate negli impianti e l’impatto sui corpi idrici. Le ispezioni effettuate nel 2020 sono state poco meno di 400, e hanno determinato 12 segnalazioni all’autorità giudiziaria e oltre 100 sanzioni amministrative. Quanto ai campioni prelevati, sono risultati non conformi alla legge in oltre il 32 per cento dei casi. L’attività ispettiva nell’anno della pandemia, come sottolinea l’Arpa, è stata pregiudicata dalla carenza di personale: il numero minimo di controlli previsto dalla normativa vigente non è stato pertanto rispettato. Infine, in riferimento alla classificazione degli impianti in base al potenziale inquinante, i depuratori variano secondo la capacità di trattamento, quindi di depurazione. L’unità di misura di tale capacità è l’A.E, ovvero l’ “abitante equivalente”, ovvero la quantità di carico inquinante biodegradabile prodotto e immesso in fognatura da un abitante nell’arco della giornata. Ebbene, dal report dell’Arpa emerge che l’8 per cento dei depuratori siciliani è al di sotto della capacità di trattamento di 2000 A.E. Il 30 per cento è in grado di trattare tra 2 e 10mila A.E. al giorno, il 36 per cento tra 10 e 50mila. E poi il 26 per cento tratta sopra i 50mila A.E. In Sicilia la provincia con più depuratori, 128, è Messina. Poi Palermo 78, Agrigento 35, Trapani 33, e Catania 30. Caltanissetta 22, Ragusa 21, Enna 18 e Siracusa 16. Quanto agli impianti non attivi il record spetta a Enna, con 17 depuratori su 18 non in funzione, seguita da Agrigento e Messina: 13, Catania e Caltanissetta: 8, Palermo e Trapani: 5. A Siracusa tutti in funzione. Ragusa non pervenuto.