A Palermo, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Procura e intitolata “Villaggio di famiglia” allorchè ruotante intorno al quartiere Villaggio Santa Rosalia, la Guardia di Finanza ha eseguito 33 ordinanze di custodia cautelare: 25 in carcere, una agli arresti domiciliari e 7 interdittive per l’esercizio di attività imprenditoriali. Agli indagati si contestano i reati di mafia, armi e droga. Sequestrate preventivamente sei attività commerciali nel settore della ristorazione, del commercio al dettaglio di generi alimentari, del trasporto merci su strada e del movimento terra, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Secondo quanto emerso dalle indagini, la famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia avrebbe controllato e condizionato il tessuto economico del territorio. Nulla sarebbe sfuggito: dalla vendita ambulante del pane con l’imposizione dei prezzi di vendita dei prodotti, alla fornitura in regime di monopolio dei fiori attraverso una rete di venditori palermitani nei pressi dei cimiteri di Sant’Orsola e Santa Maria dei Rotoli, a favore di imprese ragusane contigue a esponenti mafiosi legati al clan stiddaro Carbonaro-Dominante di Vittoria. E poi il clan avrebbe controllato anche gli affari immobiliari, le aziende del settore edile e del movimento terra, e l’avvio di nuovi negozi, sempre pronto a dirimere le controversie tra privati. Salvatore Sorrentino, detenuto a Roma, avrebbe continuato a gestire la famiglia del Villaggio Santa Rosalia, impartendo precisi ordini al figlio Vincenzo, di 23 anni, per proseguire nella gestione degli affari e dirimere contrasti dentro la cosca. Sorrentino, per comunicare, si sarebbe avvalso anche della videochiamata introdotta con la pandemia per agevolare le relazioni tra i detenuti e i congiunti.