Assolti il colonnello Stingo, il capitano Petrocchi e il luogotenente Caccetta dall’imputazione di rivelazione di segreto d’ufficio. I dettagli e il commento dell’Arma.
Ad Agrigento, al palazzo di giustizia, in via Mazzini, a conclusione del giudizio abbreviato, il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha assolto, con la formula “perchè il fatto non sussiste”, il comandante provinciale dei Carabinieri di Agrigento, il colonnello Vittorio Stingo, il capitano Augusto Petrocchi, comandante della Compagnia di Licata, e poi il luogotenente Carmelo Caccetta, già comandante del Nucleo Operativo della Compagnia di Licata. Ai tre Carabinieri è stata contestata l’ipotesi di reato di rivelazione di segreto di ufficio in riferimento alla notizia di un’indagine a carico del luogotenente Gianfranco Antonuccio, inquisito per presunte tangenti intascate in cambio di favori e coperture. Secondo il capo d’imputazione formulato dalla Procura agrigentina, il colonnello Stingo, lecitamente al corrente dell’inchiesta in corso a carico di Antonuccio, avrebbe rivelato la circostanza al capitano Petrocchi, che a sua volta avrebbe poi informato il luogotenente Caccetta. Più nel dettaglio, nel marzo del 2021 il procuratore di Palermo in quel tempo, Francesco Lo Voi, adesso procuratore di Roma, informò il colonnello Stingo di indagini da parte dei Carabinieri del Ros su alcuni Carabinieri della Compagnia di Licata. Successivamente un alto ufficiale, per ragioni istituzionali, aggiornò Stingo sugli sviluppi delle indagini comunicandogli il nome del militare indagato a Licata, ovvero il luogotenente Gianfranco Antonuccio. Ebbene, il colonnello Stingo avrebbe rivelato ciò al capitano Petrocchi, a capo della Compagnia di Licata, al fine di avviare una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale di Antonuccio. La Procura di Agrigento ha sostenuto che il colonnello Stingo avrebbe agito in tal modo per trasferire Antonuccio prima che fosse arrestato, per evitare che l’onta del suo arresto ricadesse sull’Arma agrigentina quando sarebbe stato arrestato. Caccetta, a sua volta a conoscenza, ne avrebbe parlato ad un altro collega per raccomandargli attenzione con Antonuccio. Al colonnello Stingo è stato contestato anche il reato di calunnia a danno del collega Antonello Parasiliti, il comandante del Ros di Palermo che ha catturato Matteo Messina Denaro. Parasiliti non ha ritenuto di essere stato calunniato, tanto che non si è costituito parte civile. In particolare Stingo avrebbe negato di avere ricevuto l’informazione istituzionale dell’avvenuto deposito dell’informativa finale, con relativa proposta di misura cautelare, a carico di Antonuccio. E il colonnello, interrogato, ha affermato: “Le dichiarazioni rese dal collega Parasiliti non sono vere”. E dunque, secondo la Procura retta da Salvatore Vella, lo avrebbe accusato falsamente, sapendolo innocente, del reato di false informazioni a pubblico ministero”. La Procura di Agrigento nel corso della requisitoria ha invocato la condanna dei tre ufficiali: 1 anno e 6 mesi di reclusione per Stingo, 8 mesi per Petrocchi, e 2 mesi per Caccetta. I tre sono difesi dagli avvocati Salvatore Pennica, Santo Lucia e Daniela Posante. E Pennica commenta: “Il colonnello Vittorio Stingo non ha commesso alcun reato, l’accusa di rivelazione di segreto di ufficio e calunnia appare come un attacco personale a un ufficiale pluridecorato che ha dedicato la sua vita all’Arma e che, anche in questa circostanza, ha agito solo nell’esclusivo interesse di tutelarla”. E in una nota diffusa dalla sala stampa del Comando provinciale dei Carabinieri di Agrigento si legge: “Il colonnello Stingo non ha commentato ma i sorrisi e la gioia dei circa mille Carabinieri della provincia agrigentina sono significativi. Espressioni di vicinanza e di soddisfazione sono giunte al colonnello Stingo da tutte le istituzioni e dalla cittadinanza attiva. L’Arma continuerà ad affrontare a testa alta il crimine, avendo dimostrato nei secoli di essere in grado di sapersi autoregolare e disciplinarsi”.