La Procura Generale invoca la concessione delle attenuanti generiche all’omicida reo confesso del medico di Favara, Lorena Quaranta, già condannato all’ergastolo in primo grado. I dettagli.
L’articolo 62 bis del codice penale regolamenta le attenuanti generiche. E si legge: “Il giudice può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena”. Ebbene, innanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Messina, il sostituto Procuratore Generale, Maurizio Salamone, ha brandito l’articolo 62 bis del codice penale e ha invitato i giudici a valutare l’opportunità di concedere le attenuanti generiche, e quindi una diminuzione della pena, all’omicida reo confesso del medico di Favara, Lorena Quaranta. E tra le circostanze attenuanti, Salamone ha citato la confessione dell’assassino. La famiglia della ragazza, tramite l’avvocato Giuseppe Barba, ha invocato la conferma della condanna all’ergastolo inflitta in primo grado. E così anche alcune parti civili: gli avvocati Cettina Miasi per il centro antiviolenza “Una di Noi” , Maria Gianquinto per il Cedav, e Cettina La Torre per “Al tuo fianco”. Il prossimo 13 giugno interverranno le altre parti civili: i centri antiviolenza “Telefono Rosa Bronte”, “Work in progress”, e “Pink Project Evaluna Onlus”. Il 14 luglio del 2022 la Corte d’Assise di Messina, dopo 6 ore di camera di consiglio, ha emesso sentenza. Così come proposto dal pubblico ministero, Roberto Conte, ha condannato all’ergastolo Antonio De Pace, 30 anni, l’infermiere calabrese che la notte del 31 marzo del 2020 ha ucciso la fidanzata, Lorena Quaranta, 27 anni, di Favara, nella loro casa a Furci Siculo. La difesa di Antonio De Pace ha ottenuto che lui fosse sottoposto ad una perizia psichiatrica, perché – ha spiegato – all’epoca di quanto accaduto De Pace sarebbe stato vittima di una significativa condizione ansiosa legata alla preoccupazione di essere contagiato dal covid. Sul fronte opposto, disposta dai giudici della Corte, è stata eseguita un’altra perizia psichiatrica affidata al professor Stefano Ferracuti, ordinario di Psichiatria e Criminologia all’Università “La Sapienza” di Roma. Ebbene dalla perizia psichiatrica di Ferracuti è emerso che De Pace è imputabile in quanto non è stato incapace di intendere e di volere. Tra l’altro nel referto si legge: “Antonio De Pace non presenta elementi clinicamente rilevanti tali da configurare un quadro nosograficamente definito in ambito psichiatrico. La personalità del signore presenta evidenti aspetti ansiosi ma non ha una anamnesi di disturbi psichiatrici. All’epoca dei fatti era presente una importante condizione ansiosa, con un vissuto personale di oppressione e idee di riferimento, ma tale condizione non raggiunge i criteri per poter essere considerata malattia in senso medico legale tale da ridurre grandemente o escludere la capacità di intendere o volere”. Dunque, la Corte d’Assise ha sancito che De Pace è stato capace di intendere e di volere quando ha picchiato e poi stretto le mani al collo della sua donna per strangolarla. E ciò a seguito di un banale litigio avvenuto la sera prima. L’infermiere ha poi tentato il suicidio, e si è procurato dei tagli. Lorena Quaranta si sarebbe laureata a breve, con una tesi già pronta in Pediatria. Ecco perché dopo la morte l’Università di Messina l’ha proclamata dottoressa in Medicina e Chirurgia, con la votazione di 110 e lode. I giudici hanno disposto il pagamento ai familiari di Lorena di una provvisionale immediatamente esecutiva di circa 200mila euro. La Procura di Messina ha contestato l’aggravante della premeditazione perché De Pace avrebbe inviato alcuni messaggi ai parenti più stretti manifestando la volontà di trasferire i propri risparmi ai nipoti. La Corte d’Assise ha invece escluso tale aggravante.