Depositate le motivazioni della sentenza di primo grado in abbreviato nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi”, per le quali, tra l’altro, è stata condannata l’ex avvocato canicattinese Angela Porcello.
Lo scorso 5 dicembre il Tribunale di Palermo ha emesso la sentenza a carico dei 20 imputati giudicati in abbreviato nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi” sfociata il 2 febbraio del 2021 nell’omonimo maxi blitz antimafia dei Carabinieri nell’Agrigentino contro il mandamento mafioso di Canicattì e il tentativo di riorganizzazione della Stidda nella provincia. E 15 anni e 4 mesi di reclusione sono stati inflitti all’ex avvocato di Canicattì, Angela Porcello, 52 anni, che, dopo avere ammesso le proprie responsabilità, ha più volte manifestato la volontà di collaborare con i magistrati. Il primo aprile del 2022 i pubblici ministeri della Procura antimafia di Palermo, Claudio Camilleri, Gianluca De Leo e Francesca Dessì, hanno proposto al Tribunale la condanna della Porcello a 18 anni di carcere, e, in occasione dell’arringa accusatoria, non hanno concesso alcuna attenuante, tra l’altro affermando: “Angela Porcello ha strumentalizzato la toga dell’avvocato per coltivare gli affari della famiglia mafiosa in cui aveva un ruolo di primo piano il compagno, Giancarlo Bugea, già condannato per mafia. E ciò anche per incontrare il boss Giuseppe Falsone, detenuto al 41 bis, e veicolare i suoi messaggi. Nel suo studio legale ha tenuto summit e messo insieme i capimafia di diverse province e realtà territoriali per discutere di strategie e dinamiche: una vera e propria consigliori e cassiera del clan”. Ebbene, adesso sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado firmata dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Paolo Magro, che, tra l’altro, in riferimento ad Angela Porcello ha scritto: “Evidente e diffusissimo, in ogni caso, è il di lei contributo associativo, che si è apprezzato attraverso la sua attiva e continuativa partecipazione al sodalizio criminale, contribuendo alla sua perpetuazione e al suo rafforzamento. Ciò appare ancora più significativo in relazione al dato che Porcello abbia sistematicamente asservito il proprio ruolo di avvocato – funzione che ha certa rilevanza costituzionale essendo posta a presidio dei diritti individuali, di democraticità e di funzionamento dello Stato di diritto – mettendo a disposizione il proprio studio legale quale base operativa e persino tentando di deviare le investigazioni celando dietro chiamate espletate nell’ambito della propria funzione (e, talvolta, del proprio mandato) delle vere e proprie convocazioni di riunioni mafiose”. Poi il giudice Magro non riconosce alla Porcello un effettivo ruolo di vertice, e aggiunge: “Va detto, conformemente ai rilievi avanzati dalla Difesa in sede di discussione, come non si abbia avuto prova dell’apicalità dell’imputata, non potendosi escludere – sulla scorta del tenore delle conversazioni – che la Porcello si sia limitata a operare come diretta promanazione di Buggea, non partecipando ai momenti topici delle riunioni che ella, di tutta evidenza, provvedeva a convocare in esecuzione di un ordine (viceversa, vi avrebbe partecipato in prima persona). Non può, infatti, non evidenziarsi come la Porcello non si ponesse in un piano di parità con Buggea, Boncori, Di Caro e Sicilia, non concorrendo alle decisioni più importanti afferenti al gruppo, ma limitandosi a commentare e a fornire supporto anche in termini di pareri legali”. E poi, a fronte dell’espressa volontà di collaborare con la Giustizia da parte della Porcello, il giudice commenta: “Invero, in tale solidissimo quadro probatorio si inseriscono le modeste, in termini di rilevanza probatoria, affermazioni dell’imputata, che altro non fa se non ammettere l’ovvio”.