Sotto sequestro centinaia di pizzini e lettere di Matteo Messina Denaro, ma non ancora i documenti più importanti: l’intervento dei magistrati alla ricerca dell’archivio di Riina.
Nei tre covi di Matteo Messina Denaro, tutti a Campobello di Mazara, sono stati trovati pizzini, lettere, tra riflessioni, pensieri, messaggi per fiancheggiatori e persone care, un diario destinato alla figlia naturale, il resoconto minuzioso delle spese sostenute. Gli investigatori sono a lavoro per decriptare il tutto. Tuttavia, secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, Alfredo Montalto, che da ultimo ha firmato l’ordine di arresto dell’insegnante Laura Bonafede, i documenti più importanti non sono ancora saltati fuori e sarebbero nascosti in luoghi ancora ignoti. Il riferimento sarebbe, in particolare, all’archivio che – hanno raccontato alcuni collaboratori della giustizia – Totò Riina avrebbe affidato a Messina Denaro, suo allievo prediletto. E il giudice Montalto scrive: “La cura quasi maniacale del latitante nell’annotazione di qualsiasi accadimento della sua vita, nella tenuta di diari e quaderni in cui trascriveva anche commenti, non può fare dubitare dell’esistenza di materiale di ben altra importanza sugli affari criminali di Messina Denaro custodito in altri covi non ancora individuati. E di cui, peraltro, v’è già traccia in alcune delle corrispondenze tra il latitante e Laura Bonafede che pure mostra di conoscerli”. E in effetti almeno due dei nascondigli in cui il boss forse avrebbe conservato carte scottanti sono citati dalla Bonafede in lettere indirizzate al capomafia. La donna, che nei messaggi ricorda il tempo trascorso con Messina Denaro, indica con i nomi cifrati di ‘tugurio e limoneto’ i luoghi dei suoi incontri con lui. Il padre di Laura, il capomafia di Campobello di Mazara defunto, Leonardo Bonafede, sarebbe stato molto legato a Matteo. Lorenzo Cimarosa, sposato con una cugina di Messina Denaro, anche lui defunto, ha raccontato: “Leonardo Bonafede si mette a piangere se parla di Messina Denaro, una persona di 80 anni che si mette a piangere. Se si potesse fidare in tutta la provincia di Trapani di qualche persona, l’unica persona di cui si fiderebbe è Leonardo Bonafede”. Infatti, della rete dei fiancheggiatori del boss sarebbero stati parte almeno cinque esponenti della famiglia Bonafede: la maestra Laura, arrestata per favoreggiamento, la figlia Martina, indagata per lo stesso reato, il cugino Andrea, che ha prestato l’identità al capomafia, l’altro cugino, anche lui di nome Andrea, che avrebbe recapitato al boss le ricette mediche necessarie per le terapie contro il cancro, e suo fratello, Emanuele Bonafede, vivandiere di Messina Denaro. E la Procura di Palermo sottolinea: “La famiglia Bonafede deve il suo prestigio, e prima ancora la sua sopravvivenza, alla protezione e al legame instaurato con la famiglia Messina Denaro. Sono rapporti, questi, che si sono riproiettati ineluttabilmente, come sempre accade nelle dinamiche mafiose, dal passato al presente, legami indissolubili che si tramandano dai padri ai figli. E la fedeltà assoluta al boss va oltre la famiglia, dunque oltre al sangue. Lo dimostra la storia di Salvatore Gentile, marito della Bonafede, condannato all’ergastolo per due omicidi commissionati da Matteo Messina Denaro e ritenuto uno dei suoi uomini di fiducia nel paese. Anche lui disposto a sacrificare la vita per il padrino”.