Altri particolari emergono dall’ordinanza di arresto di Laura Bonafede in riferimento alle espressioni cifrate utilizzate nelle lettere tra lei e Matteo Messina Denaro. E tra esse anche citazioni letterarie. Ad esempio, per “tugurio”, usato per indicare uno dei luoghi in cui i due si incontravano, si sono riferiti a un libro di Vargas Llosa, “Avventure della ragazza cattiva”, in cui uno dei protagonisti sosteneva “che il posto in cui viveva era un tugurio ma per lui era una reggia perché lì era stato felice” – scriveva la Bonafede. Oppure il nome in codice ‘Tania’ assegnato alla figlia della Bonafede, Martina, è tratto da un volume di Bukowski. I Carabinieri l’hanno trovato il 15 marzo nella libreria di casa della Bonafede con una pagina evidenziata in rosa dove si legge “mia figlia Tania”. Il boss e la donna si sarebbero scambiati i libri sottolineando passaggi per loro significativi. Poi Campobello di Mazara, ovvero il “posto più controllato della Nazione” (così almeno lo definiva Laura Bonafede nel suo diario), è “Macondo”, ovvero il nome del paese immaginario della foresta colombiana dove Gabriel Garcia Màrquez ambienta “Cent’anni di solitudine”. E poi “Macondino” è la frazione di “Tre fontane”, la zona di mare di Campobello. Nella corrispondenza con l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, Messina Denaro scrive: “Credo, mio malgrado, di essere diventato il Malaussène di tutti e di tutto, ma va bene così…”, ovvero il “capro espiatorio”, come nel personaggio creato da Daniel Pennac nel ciclo di Belleville, nome del quartiere di Parigi dove sono ambientate le storie di Benjamin Malaussène.