“Messina Denaro non era l’erede di Riina o il capo di Cosa Nostra. E ha commesso diversi errori durante la latitanza”: l’intervento di Pippo Giordano.
Pippo Giordano, ex ispettore della Dia Direzione investigativa antimafia, memoria storica della lotta alla mafia, già a lavoro alla Squadra Mobile di Palermo con Ninni Cassarà, Beppe Montana, Roberto Antiochia, Lillo Zucchetto e Natale Mondo, e che ha conosciuto Chinnici, Falcone e Borsellino, ha appena riflettuto sull’arresto e il ruolo di Matteo Messina Denaro. E ha commentato: “Non era l’erede di Riina o il capo di Cosa Nostra. Io mi sgolo da anni nel dirlo: non poteva riprendere il comando perché i palermitani non volevano assolutamente uno ‘da fuori’. Da quello che mi hanno riferito i collaboratori di giustizia, lui non poteva diventare il capo. Ferme restando le sue responsabilità penali, indubbiamente quello che viene fuori ci rappresenta un uomo diverso da quello che immaginavamo. E’ inconsueto che durante la latitanza si sia fatto aiutare da familiari e amici piuttosto che da altri associati mafiosi. Secondo me Messina Denaro ha commesso grossi errori. In primis coinvolgere i familiari nella latitanza. Io di intercettazioni telefoniche ne ho fatte tante: non ho mai scoperto che le donne dei boss erano coinvolte in maniera così assidua nei loro affari. Secondo me è stato un errore gravissimo. Avrei preferito leggere che fosse stato aiutato dai suoi sodali o dalla sua ‘famiglia’ nel senso mafioso del termine. Fino a oggi non risulta nulla di tutto questo. Gli arresti di Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri danno anche altri spunti di riflessione: se fossero vivi suo padre Francesco e Totò Riina avrebbero tanto da rimproverargli. Nelle cose mafiose è vietato avere rapporti con persone sposate. Non è una regola scritta ma si sa. Lo stesso Buscetta veniva etichettato come ‘fimminaro’ perché aveva questo tipo di rapporti. Questo è un altro errore di Messina Denaro”. In conclusione Pippo Giordano si rallegra per l’intitolazione della scuola di Castelvetrano, frequentata a suo tempo da Messina Denaro, al piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito e ucciso dalla mafia (e tra i responsabili vi è stato anche il boss) per vendetta contro il padre, il pentito Santino. E afferma: “E’ una bella notizia. Ho ancora il cruccio di non essere riuscito a salvarlo. Ci siamo andati vicino, avevamo individuato una persona che poi si scoprì essere uno dei tre carcerieri che poi materialmente strangolarono il bambino e lo sciolsero nell’acido: Giuseppe Monticciolo. Sono felice di questa intitolazione, perché rappresenta un passo avanti nella lotta a Cosa Nostra. Tutti devono sapere che nessuno può farla franca quando commette delitti per Cosa Nostra. Giuseppe Di Matteo se lo merita davvero, perché questo bambino non doveva assolutamente morire in quel modo. Ancora oggi mi commuovo quando ne parlo”.