Sulla cassa della Regione Siciliana incombe lo spettro del giudizio di parifica della Corte dei Conti. Schifani e Falcone si difendono innanzi ai giudici contabili. Le prospettive.
Sulla cassa della Regione Siciliana, e di conseguenza sulle manovre di bilancio e finanziaria da approvare in Assemblea entro il 31 dicembre, incombe lo spettro del giudizio di parifica della Corte dei Conti. I magistrati contabili contestano l’avere disposto il pagamento a rate in 10 anni del disavanzo nel rendiconto del 2020, anzichè in 3 anni. Se la parifica, all’udienza del prossimo 3 dicembre, fosse negata a causa di ciò, bocciando il rendiconto del bilancio del 2020 firmato dall’ex assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, allora si tratterebbe di un colpo da ko per la contabilità di Palazzo d’Orleans. L’assessore all’Economia, Marco Falcone, si è appena difeso innanzi ai giudici contabili opponendo le proprie tesi, sostenute ovviamente anche dal presidente della Regione, Renato Schifani, che riferisce: “Nel corso dell’udienza di pre-parifica abbiamo rassegnato alla Corte i nostri chiarimenti e le necessarie, articolate controdeduzioni sui rilievi mossi a proposito del rendiconto 2020 della Regione. Rimaniamo fiduciosi, attendendo con serenità le decisioni della Corte. Ci stiamo prendendo cura dei conti della Regione nell’interesse dei siciliani”. Più nel dettaglio, l’oggetto della contesa è la spalmatura in 10 anni, anzichè in 3, per il pagamento di un maxi disavanzo da circa 1 miliardo di euro scoperto a fine 2018, e che comprende anche delle spese ritenute irregolari. In particolare, il disavanzo ammonta esattamente a 866.903.662 euro. E le spese irregolari, per 161.163.169 euro, riguardano il finanziamento delle autolinee pubbliche e private in forza di una legge poi dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale. Insieme ad altre contestazioni minori, il totale del debito che pesa adesso sul governo è di 1 miliardo e 100 milioni di euro. In dieci anni la Regione pagherebbe poco più di 100 milioni di euro all’anno. Se il 3 dicembre la Corte dei Conti boccerà la parifica, allora bisognerà sborsare in tre anni tre rate ciascuna da 366 milioni di euro, pregiudicando gravemente la capacità di spesa della Regione. Ecco l’incubo.