L’ex fiancheggiatore dei Graviano, Baiardo, conferma che Matteo Messina Denaro si è nascosto in Veneto, amato anche da Riina durante il viaggio di nozze.
Salvatore Baiardo, il gelataio piemontese di origini siciliane che all’inizio degli anni ’90 ha gestito la latitanza dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, e che è appena stato ospite di uno speciale di “Non è l’Arena”, a verbale ha rilevato, anzi ha confermato perché gli investigatori ne sono stati già a conoscenza, che Matteo Messina Denaro si sia rifugiato anche in Veneto. E che, inoltre, Messina Denaro e i fratelli Graviano hanno acquistato un palazzo a Venezia nei primi anni ‘90, probabilmente tramite prestanome. E Baiardo ha aggiunto che avevano anche le tessere per entrare al Casinò. Il Veneto è una regione che nel corso del tempo ha ospitato diversi boss della mafia siciliana, ad esempio Salvatore “Totuccio” Contorno, poi pentito, soprannominato “Coriolano della Floresta”, come il protagonista del romanzo “I Beati Paoli”, che negli anni ‘80 fu soggiornante obbligato a Riviera del Brenta, in provincia di Venezia. E poi il boss nisseno di Vallelunga Pratameno, Giuseppe Madonia, inteso “Piddu”, anzi, come ha raccontato il pentito Antonino Calderone, “Piddu chiacchiera”, per la sua loquacità, è stato arrestato, dopo 9 anni di latitanza, in Veneto, il 6 settembre del 1992, a bordo di una Mercedes, a Costozza, frazione di Longare, in provincia di Vicenza. E poi, dunque, Matteo Messina Denaro, che, come raccontato già nel 2019 da Emanuele Merenda, ex esattore della mafia, di Patti, in provincia di Messina, nel 2014 sarebbe stato nascosto per un breve periodo in una casa agricola a Campo di Pietra, una frazione del Comune di Salgareda, in provincia di Treviso. Più nel dettaglio, sarebbe stato ospite di Vincenzo Centineo, un mafioso palermitano originario di Gangi arrestato il 25 febbraio del 2019 nell’ambito di un’inchiesta contro la Camorra in Veneto, e, in particolare, sul clan dei Casalesi ad Eraclea, in provincia di Venezia, capeggiato da Luciano Donadio, ritenuto amico di Centineo. Ed Emanuele Merenda, che sarebbe stato braccio destro di Vincenzo Centineo, ha aggiunto: “Centineo mi ha spiegato che prestava denaro senza garanzie ad interessi elevatissimi. Mi ha anche detto che i soldi che impiegava provenivano dal gestore di una cantina di Campo di Pietra riconducibile a dei siciliani che erano dei pezzi da novanta”. L’avvocato Guido Galletti, difensore di Centineo, ha già replicato così: “Il mio cliente non ha mai ospitato, nè in alcun modo favorito, la latitanza di alcun boss di associazioni a delinquere, e le dichiarazioni rese nei suoi confronti da Merenda sono già state valutate come prive di alcun riscontro, data anche una pronuncia del Tribunale collegiale di Pordenone che lo ha di fatto ritenuto inattendibile, e che ha accertato gravi motivi di rancore serbati da Merenda nei confronti di Centineo”. Il Veneto è stato amato anche da Totò Riina, che da latitante, nell’aprile del 1974, in viaggio di nozze con Antonietta “Ninetta” Bagarella, fu fotografato dalla moglie con i colombi tra le braccia sollevate in piazza San Marco a Venezia.