La Cassazione ha rinviato la sentenza al quinto processo a carico dell’ex senatore e sottosegretario agli Interni, Antonio D’Alì. Il perché.
Il 21 luglio del 2021 la Corte d’Appello di Palermo ha condannato a 6 anni di reclusione l’ex senatore e sottosegretario agli Interni, Antonio D’Alì, imputato di concorso esterno alla mafia “perché – si legge nelle motivazioni – avrebbe contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, offrendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato”. E poi: “Il politico trapanese, fin dai primi anni ’90, avrebbe intrattenuto rapporti con le cosche e con esponenti di spicco dell’organizzazione mafiosa come il superlatitante Matteo Messina Denaro, Vincenzo Virga e Francesco Pace, cercando l’appoggio elettorale delle ‘famiglie’, e svolgendo un ruolo fondamentale nella gestione degli appalti per importanti opere pubbliche”. Si tratta del secondo processo d’Appello dopo l’annullamento della sentenza di assoluzione con rinvio da parte della Cassazione. Ebbene, il difensore di D’Alì, l’avvocato Francesco Merluzzi, ha impugnato la sentenza di condanna e ha presentato ricorso alla Suprema Corte. Adesso è stata attesa la seconda sentenza di terzo grado, ovvero del quinto processo a carico dell’imputato. I giudici “ermellini” invece hanno ritenuto utile riservarsi ancora del tempo a disposizione, e hanno scritto e spiegato perché: “Per la complessità della vicenda giudiziaria che riguarda l’ex senatore trapanese Antonio D’Alì, e per la molteplicità e l’importanza delle questioni da decidere”. Il verdetto è stato rinviato al prossimo 13 dicembre, il giorno di Santa Lucia, il più corto dell’anno. Lui, Antonio D’Alì, è imputato dal 2011 per concorso esterno all’associazione mafiosa. In primo grado, in Tribunale, giudicato in abbreviato, è stato assolto, e per le condotte precedenti al 1994 è intervenuta la prescrizione. In Appello è stato assolto. Poi la Cassazione ha annullato l’assoluzione e ha rinviato il processo ad un’altra sezione di Corte d’Appello, che lo ha condannato. Dunque la Cassazione.