La Procura Generale ha impugnato la sentenza d’assoluzione dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Dopo oltre 12 anni di giudizio si profila il quinto processo.
Il 19 febbraio del 2014, in primo grado, innanzi al Tribunale di Catania, l’ex presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, giudicato in abbreviato, è stato condannato dalla Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania, Marina Rizza, a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno all’associazione mafiosa. Il 31 marzo del 2017, in secondo grado, la Corte d’Appello di Catania, presieduta da Tiziana Carrubba, ha assolto Lombardo, “perché il fatto non sussiste”, dall’imputazione di concorso alla mafia, e lo ha condannato a 2 anni di reclusione, pena sospesa, per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso ma senza intimidazione e violenza. Il 3 luglio del 2018, in terzo grado, la seconda sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza d’Appello. E la Cassazione ha annullato l’assoluzione con rinvio nonostante che il 22 giugno precedente, innanzi alla stessa sezione della Cassazione, il Procuratore Generale, Stefano Rocci, a conclusione della requisitoria, avesse chiesto a favore di Raffaele Lombardo la conferma dell’assoluzione dall’imputazione di concorso esterno alla mafia, e l’annullamento con rinvio solo della condanna a due anni per corruzione elettorale. Il 2 febbraio del 2020, al secondo processo d’Appello, la Procura generale di Catania, tramite Sabrina Gambino e Agata Santonocito, a conclusione della requisitoria, ha proposto la condanna a 7 anni e 4 mesi di reclusione a carico di Lombardo. Il 7 gennaio scorso, la prima sezione penale della Corte d’Appello di Catania, presieduta da Rosa Anna Castagnola, ha assolto Raffaele Lombardo da tutti i capi d’imputazione: con la formula “perché il fatto non sussiste” per il reato di concorso esterno alla mafia, e con la formula “per non avere commesso il fatto” per il reato di corruzione elettorale. Dopo quasi 13 anni di giudizio: stop? No. La Procura Generale di Catania ha impugnato la seconda sentenza d’Appello che ha assolto Lombardo, e ha depositato il ricorso in Cassazione. L’appello alla Suprema Corte è firmato dagli stessi magistrati, Sabrina Gambino e Agata Santonocito, che, tra l’altro, hanno scritto: “L’assoluzione si basa su motivazioni assolutamente frammentarie, e ignora molteplici elementi di prova acquisiti e mostrati durante il processo a carico dell’imputato. Cosa Nostra non regala niente, soprattutto l’appoggio alle elezioni”. Raffaele Lombardo, anche rendendo dichiarazioni spontanee in Aula, ha più volte ripetuto: “Con le mie azioni di contrasto a Cosa Nostra ho procurato ingenti danni alla mafia in diversi settori. Basta citare l’alt all’eolico. Il processo si basa su delle falsità. I collaboratori della giustizia non sono credibili. Sono stato strappato con violenza fulminea alla mia vita per come vissuta per 40 anni e costretto a viverne un’altra. Non ho mai chiesto il voto ai boss. E non lo dico io, ma lo dicono loro. Ed è tutto agli atti del processo. Senza tema di smentita, dico che non c’è mai stato un patto, non c’è mai stato un voto, non c’è mai stata nessuna contropartita con Cosa Nostra. Non ho fatto assumere, per conto di un mafioso, nemmeno un netturbino precario”.