Il Tribunale di Agrigento condanna due imputati per l’omicidio di Pasquale Mangione a Raffadali tra cui il collaboratore Antonino Mangione, oggetto del caso “pagamento”.
Il 6 settembre del 2021 innanzi al Tribunale di Agrigento hanno scelto di essere giudicati in abbreviato due dei tre imputati dell’omicidio del pensionato di Raffadali, Pasquale Mangione, 69 anni, ex dipendente del Comune di Raffadali, ucciso a colpi di pistola in contrada “Modaccamo”, nelle campagne fra Raffadali e Cianciana, il 2 dicembre del 2011. Si tratta di Antonino Mangione, 41 anni, e Angelo D’Antona, 37 anni, entrambi di Raffadali. Poi il 30 novembre il pubblico ministero, Sara Varazi, ha proposto al giudice per le udienze preliminari del Tribunale, Stefano Zammuto, la condanna di Angelo D’Antona all’ergastolo e di Antonino Mangione a 16 anni di reclusione. Adesso Zammuto ha inflitto 30 anni a D’Antona e 16 anni a Mangione, il quale si è auto – accusato del delitto coinvolgendo D’Antona e Roberto Lampasona, 44 anni, di Santa Elisabetta, anche lui imputato e rinviato a giudizio ordinario lo scorso 11 marzo, ed entrambi indicati da Mangione come esecutori materiali. Il movente del delitto sarebbe da collegare alla condotta di Pasquale Mangione, il quale avrebbe esposto lui stesso e la sua famiglia al pubblico ludibrio disturbando e molestando diverse donne. Mangione ha raccontato: “Uno dei figli di Pasquale Mangione, Francesco, mi chiese se potevo organizzare l’omicidio del padre, era diventato un fastidio per lui perchè andava in giro a molestare donne in paese. Mi diede 5mila euro che spartimmo con Roberto Lampasona e Angelo D’Antona, altri 1.300 euro li pagò a parte per la pistola che acquistai da un palmese. A commettere materialmente l’omicidio sono stati Lampasona e D’Antona. Io ho chiesto l’autorizzazione a Francesco Fragapane, il capo mandamento, che mi disse che la vittima non apparteneva a Cosa Nostra e, in definitiva, potevamo fare quello che volevamo”. Il pubblico ministero, Sara Varazi, nel corso della requisitoria ha affermato che il movente rivelato da Antonio Mangione non è stato riscontrato, e che non vi sono dubbi, invece, come emerge dalle intercettazioni, del coinvolgimento di D’Antona e di Lampasona. Nell’ottobre del 2021 la stessa Sara Varazi ha proposto l’archiviazione delle indagini a carico di Francesco Mangione, 49 anni. E il Tribunale ha accolto e disposto di conseguenza. Lo scorso 23 febbraio il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, Elisabetta Stampacchia, accogliendo quanto richiesto dal pubblico ministero della Procura antimafia, Claudio Camilleri, ha rinviato a giudizio Giuseppe Gallo, 51 anni, e Vincenzo Mendola, 50 anni, entrambi di Agrigento, imputati di intralcio alla giustizia con metodo mafioso. Gallo e Mendola si sarebbero rivolti allo stesso collaborante di Raffadali, Antonino Mangione, e alla moglie, e con minacce e l’offerta di 5mila euro li avrebbero invitati a ritrattare le accuse di abusi sessuali a danno della moglie di Mangione contro il presunto boss di Agrigento, Antonio Massimino. Le loro parole sarebbero state: “Ascolta, Antonio Massimino è mio fratello. Devi andare subito a ritirare la denuncia e devi fare uscire la notizia sul giornale che ti sei inventato tutto e che sei pazzo”. Mangione ha sostenuto che Massimino avrebbe abusato di sua moglie come rappresaglia allorchè lui, Mangione, non avrebbe saldato un debito con un commerciante presunto amico di Massimino. Tali accuse sono state ritenute del tutto insussistenti dai giudici a processo. Lo scorso 18 dicembre, l’avvocato Salvatore Pennica, che assiste Angelo D’Antona, ha presentato un esposto al Procuratore della Repubblica di Agrigento, e ha scritto: “Angelo D’Antona, compagno di merende di Antonino Mangione, ha sempre sostenuto che Mangione è stato pagato per accusare. Dunque, il 13 dicembre scorso è stata ascoltata la compagna convivente di Antonino Mangione, che, secondo quanto dichiarato da Mangione, sarebbe stata vittima di sequestro di persona e di violenza sessuale, consumata innanzi allo stesso Mangione, da parte di Gabriele Miccichè e di altri imputati che hanno scelto di essere giudicati in abbreviato e che sono stati assolti. Ebbene, innanzi ai giudici, la donna, che è parte civile contro Gabriele Miccichè, anziché confermare le accuse mosse dal compagno, Antonino Mangione, ha invece dichiarato di essere a conoscenza che il compagno Mangione ha ordito, concordato e intascato soldi per dichiarare il falso. Dunque, a fronte della richiesta di condanna all’ergastolo di Angelo D’Antona, accusato da Antonino Mangione dell’omicidio di Pasquale Mangione, e a fronte del processo in corso a carico di Gabriele Miccichè, accusato da Mangione di sequestro di persona e violenza sessuale in concorso, chiedo l’acquisizione del verbale dell’udienza del 13 dicembre in cui è stata ascoltata la compagna di Antonino Mangione. Denuncio l’accaduto, e sollecito l’accertamento penale su circostanze inerenti la collaborazione di Mangione”.