In Sicilia sono 55 i sindaci che hanno firmato l’appello a Draghi a mantenere l’incarico di governo. Il presidente della Regione, Musumeci, non firma, e spiega il perché.
Incombe la crisi di governo. Mercoledì prossimo sarà una giornata fatidica perché non sono solo in bilico le sorti dell’esecutivo Draghi e della legislatura, ma anche – come ritenuto quasi unanimemente – della nazione intera a fronte degli impegni di spesa del Pnrr, la guerra, le misure contro il caro energia, il tetto al prezzo del gas e la pandemia covid, ancora affatto che conclusa. E dunque oltre mille sindaci hanno sottoscritto un appello al presidente del Consiglio affinchè mantenga l’incarico fino alla scadenza naturale. E in Sicilia sono 55 i primi cittadini che hanno condiviso tale iniziativa. I sindaci siciliani, di ogni colore politico, scrivono congiuntamente: “Esprimiamo preoccupazione per la crisi di governo generata da comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza. Chiediamo a Mario Draghi di andare avanti perché c’è bisogno di stabilità, certezze e coerenza per continuare la trasformazione delle nostre città perché senza la rinascita di queste non rinascerà neanche l’Italia”. “La Sicilia – sottolinea Filippo Tripoli, sindaco di Bagheria e responsabile regionale Enti Locali di Italia Viva – non può consentirsi di perdere il treno del Pnrr, con 20 miliardi che ammoderneranno le infrastrutture dell’isola, né può permettersi che le misure del governo in favore delle famiglie e delle imprese siano messe in discussione da forze irresponsabili che, invece di pensare al futuro delle comunità, sono già in campagna elettorale”. All’appello, esteso anche ai presidenti delle Regioni, manca la firma del presidente della Regione, Nello Musumeci, che, insieme ai presidenti di Abruzzo, Marco Marsilio, e Marche, Francesco Acquaroli, scrive: “Da sempre crediamo che l’Italia abbia bisogno di un governo con un chiaro mandato popolare, coeso e con un programma condiviso dalle forze politiche che lo sostengono per risolvere i problemi concreti dei cittadini. E’ l’esatto contrario di quello che abbiamo visto in questa legislatura, caratterizzata da esecutivi nati nel Palazzo e appoggiati da partiti divisi su tutto. La crisi del governo presieduto da Mario Draghi ne rappresenta solo il triste epilogo, e non sottoscriveremo nessun appello affinché resti a Palazzo Chigi. Non condividiamo questa iniziativa, lanciata da alcuni colleghi, sia nel merito che nel metodo. Nel merito: crediamo che in questo momento l’Italia possa permettersi tutto tranne che un governo immobile, paralizzato dai giochi di palazzo e dagli scontri tra i partiti di maggioranza. Nel metodo: un presidente di Regione o un sindaco rappresentano anche i cittadini che vogliono andare a votare e non possono permettersi di utilizzare le istituzioni che rappresentano per finalità politiche o, peggio, di partito. Sono forzature che chi ricopre un ruolo istituzionale non può permettersi, né tanto meno promuovere” – concludono.