Costituito un Comitato di raccolta firme per consentire a Cuffaro di candidarsi. La replica dell’ex presidente della Regione: “Il mio tempo per la politica attiva è finito”.
L’avvocato messinese, Dimitri Salonia, presidente della Fondazione Salonia, ha costituito un Comitato adesso impegnato a raccogliere le firme affinché sia reso possibile a Totò Cuffaro, qualora lo volesse, candidarsi e praticare politica attiva. E l’avvocato spiega: “Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un attacco vergognoso nei confronti dell’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, e del suo partito, anche con manifesti che sono stati affissi a Palermo screditando la Nuova DC e accusando il partito di vicinanza alla mafia. Cuffaro è vittima di un pregiudizio, perchè ha già pagato il suo conto con la giustizia, e diverse volte ha gridato la sua opposizione ad ogni tipo di mafia. Quello che è avvenuto con l’affissione dei manifesti è nato guarda caso dopo che il partito di Cuffaro ha ottenuto ottimi risultati alle ultime Amministrative, e che alcuni incontri da lui organizzati hanno registrato una grande partecipazione popolare. Tra l’altro Cuffaro, pur facendo politica, non può avere un ruolo attivo e non si può candidare, quindi in un certo senso è limitato dalla legge, che prima parla di riabilitazione dei detenuti, ma poi nel concreto tende ad escluderli dalla società e non protende per una politica di inclusione”. A fronte di ciò, Cuffaro, a Messina per presentare la lista dei candidati al Consiglio comunale della Nuova Dc a sostegno del candidato sindaco del centrodestra, Maurizio Croce, ringrazia ma non è dello stesso avviso. E afferma: “Ringrazio l’avvocato Salonia per la sua iniziativa di costituire un comitato e di avviare una raccolta firme nei miei confronti per chiedere che io possa candidarmi, ma il mio tempo per la politica attiva è finito. Nel senso che non ho intenzione di candidarmi e di tornare ad essere votato. La riabilitazione in generale è un meccanismo previsto dalla procedura penale della legge. Credo che in un Paese come il nostro, dove la pena è considerata riabilitativa, va da sé che dopo che la persona si è rieducata possa tornare a fare il suo lavoro. E se uno fa il medico, l’avvocato, l’ingegnere, l’architetto, ed è interdetto perpetuamente dall’avere rapporti con la pubblica amministrazione, è chiaro che la rieducazione non ha seguito. Penso che bisogna prevedere nel principio costituzionale che una volta rieducati si possa tornare a fare quello che si faceva. La mia vicenda giudiziaria è piuttosto complicata e non ne parlo mai. Certamente hanno escluso qualsiasi mia collusione con la mafia. Ci sono stati tre gradi di giudizio e l’hanno escluso. C’è invece un singolo episodio di favoreggiamento che mi è stato contestato, prima semplice poi aggravato dalla mafia, poi il procuratore generale ha ritenuto che non ci fosse l’aggravante, e infine la Cassazione ha deciso che c’era. Io rispetto le sentenze, come è giusto che sia, soprattutto quelle che ti graffiano le carni perché è più difficile rispettare le sentenze che ti hanno fatto del male. E’ facile rispettarle quando graffiano le carni degli altri. Rispetto anche questa sentenza che mi ha creato sofferenza, dolore e anni di privazione della libertà. Ritengo di avere fatto il mio dovere”.