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Fava e Musumeci ai ferri corti

Rovente botta e risposta tra Claudio Fava e Nello Musumeci sui contorni del rinnovato impegno in politica di Marcello Dell’Utri. Gli interventi incrociati.

Scontro a distanza infuocato tra due candidati in pectore alla presidenza della Regione Siciliana, Claudio Fava e Nello Musumeci. L’oggetto della contesa è Marcello Dell’Utri. Sì, proprio così. Infatti, Claudio Fava punta il dito contro il suo potenziale avversario nella corsa a Palazzo d’Orleans e afferma: “Una decina di giorni fa c’è stato un incontro all’hotel delle Palme. Il presidente della Regione Siciliana, Musumeci, è andato in udienza da Dell’Utri, che lo ha benevolmente accolto. Musumeci ha chiesto un’intercessione con Berlusconi per la propria ricandidatura e Dell’Utri gliel’ha concessa passandogli al telefono il Cavaliere. A causa di questo siparietto palermitano, la pubblica riprovazione s’è rovesciata solo su Dell’Utri – scrive Fava – mentre il Musumeci, furbo e muto, ha provato a farla franca. Io la penso esattamente all’opposto, e pazienza per gli irriducibili del moralismo antimafioso che la prenderanno male: ovvero, per me Dell’Utri può parlare con chi vuole, è un suo diritto. Il Presidente della Regione Siciliana, lui no, non può parlare con chi vuole: soprattutto se il suo interlocutore è un condannato in via definitiva per mafia”. “Avergli chiesto un’intercessione, un favore, un’apertura di credito politico su Roma – continua Fava – ne fa, subito, un presidente dimezzato, un candidato compromesso, un uomo di parte, e della parte sbagliata. Musumeci si tenga lontano, il 23 maggio e il 19 luglio, da chi ricorda i nostri morti. Se frequenti i condannati per mafia non hai titolo per frequentare il ricordo delle vittime di mafia. Provare a fare l’una e l’altra cosa è solo una bestemmia. Delle peggiori”. Immediata è stata la replica di Musumeci, che controbatte: “Quando la mafia tentava un attentato contro di me, per aver revocato un appalto miliardario, il deputato Fava si limitava a commemorare suo padre, al cui ricordo mi sono sempre unito in ogni occasione, ben prima di assumere ruolo di governo locale. L’insulso perbenismo di questo personaggio, invece, è una violenza alla costituzione e alla moralità pubblica. Si dovrebbe vergognare perché è un parolaio che vive di rendita e cerca ogni giorno un titolo di giornale, mentre da candidato alla presidenza non ha avuto neppure la buona creanza di dimettersi da presidente della Commissione antimafia regionale, come invece feci io nel 2017. L’unica cosa davvero stucchevole è il moralismo di chi si offre, come candidato presidente, agli eredi di quel ‘sistema antimafioso’ che ha guidato la Sicilia e che oggi cerca di farsi vivo di nuovo, magari sotto mentite spoglie. Ma con me Fava cade male: con me in Sicilia è tornata la moralità nelle istituzioni, rese impermeabili a padrini e padroni, di qualunque colore. Se ne faccia una ragione”.

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