La relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia e gli aggiornamenti sul boss latitante Matteo Messina Denaro. I dettagli.
Dalla relazione semestrale (relativa ai primi 6 mesi del 2021) della Dia, la Direzione investigativa antimafia, appena pubblicata, emergono, tra il tanto altro, anche valutazioni nel merito dello stato di salute “mafiosa” del boss latitante dal 1993 Matteo Messina Denaro. E in premessa si riconosce ancora al capomafia di Castelvetrano il ruolo di stella polare del “firmamento mafioso” siciliano. E si legge: “Messina Denaro è ancora la figura criminale più carismatica di Cosa Nostra e in particolare della mafia trapanese”. E poi: “Nonostante la lunga latitanza, resterebbe il principale punto di riferimento per fare fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l’organizzazione, oltre che per la risoluzione di eventuali controversie in seno alla consorteria o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose anche non trapanesi”. Punto. E a testimonianza di ciò la Direzione investigativa antimafia cita l’inchiesta antimafia dei Carabinieri nell’Agrigentino cosiddetta “Xydi”, sfociata il 2 febbraio del 2021 nell’arresto, tra gli altri, dell’avvocato Angela Porcello, e nella notifica anche di un mandato di cattura, l’ennesimo a vuoto, dello stesso Messina Denaro. E nella relazione della Dia si legge: “L’operazione agrigentina ‘Xydi’ ha coinvolto anche Matteo Messina Denaro il quale, mediante un’attuale e segretissima rete di comunicazione, avrebbe condiviso alcune strategie con i capi delle famiglie agrigentine, le quali riconoscono unanimemente in Messina Denaro l’unico a cui, in quel contesto territoriale, spetta l’ultima parola sull’investitura ovvero la revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione”. Punto. E dunque, ancora a sostegno della propria tesi, la Dia aggiunge: “Quindi il boss stragista, anche al di fuori del contesto trapanese, sarebbe in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in Cosa Nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento e invisibilità”. “Tuttavia – aggiungono ancora gli analisti della Dia – benché ‘u siccu’ continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali, negli ultimi anni sarebbe cresciuto sempre più uno strisciante malcontento in alcuni affiliati. Tale insoddisfazione sarebbe connessa con le problematiche derivanti dalla gestione della lunga latitanza, peraltro resa difficile dalle costanti attività investigative che hanno colpito in larga parte la vasta rete di protezione del boss”. Punto. Pochi anni addietro, Rosa Filardo, infermiera, cugina di Matteo Messina Denaro e moglie del poi collaboratore Lorenzo Cimarosa, defunto a 56 anni per cause naturali e ritenuto tra i bancomat a sostegno della latitanza del cugino, dichiarò: “Basta con la mafia. La mafia non porta né sviluppo, né ricchezza. Con la mafia la popolazione e i giovani non hanno futuro. Proteggiamoli i nostri giovani”. Lei, Rosa Filardo, da ragazza fu apostrofata “fimmina di caserma”, perché un giorno si permise di bussare ad una Stazione dei Carabinieri per una denuncia. Lei conferma e ricorda: “Fui rimproverata”. E poi ha aggiunto: “Mio marito Lorenzo avrebbe voluto fare il finanziere. Gli dissero: ‘O la divisa o tua moglie’. E lui scelse me. Ma dopo tutto quello che è successo in questi anni, io e i miei due figli l’abbiamo messo alle strette: ‘Tu hai sbagliato e tu paghi’”.