Il numero uno degli Industriali siciliani, Alessandro Albanese, interviene su coprifuoco, regioni e colori, lockdown, attività commerciali e crisi economica. I dettagli.
Si tratta della punta del compasso su cui ruota ampia parte dell’attuale dibattito politico, che si infuoca sempre di più: ovvero il coprifuoco alle ore 22 o alle 23? A tentare di risolvere il dilemma Shakespeariano è il presidente di ConfIndustria Sicilia, Alessandro Albanese, che si lancia nella mischia dello scontro affermando: “Coprifuoco alle 22 o alle 23? Mi sembra una polemica tutta politica e per di più sterile. Il ragionamento che va fatto è: coprifuoco sì o no? Serve o non serve? Insomma, è inutile continuare a discutere su un’ora in più o in meno, bisogna capire se mantenere o togliere il coprifuoco”. E poi Albanese punta il dito anche contro i colori rosso, arancione, giallo e bianco, inneggia al lockdown, e spiega: “L’attuale classificazione delle regioni in aree rossa, arancione, gialla o bianca, ha rivelato tutti i suoi limiti. Non mi sembra stia funzionando granché. L’esperienza ci ha insegnato che per abbassare la curva dei contagi serve il lockdown totale, come quello fatto in Inghilterra o nel nostro Paese l’anno scorso. Al contrario, i lockdown parziali hanno dato pochissimi effetti. Forse sarebbe stata meglio una serrata rigorosa per un paio di mesi per abbassare i contagi anzichè questo stillicidio che va avanti da mesi. Ad esempio, Palermo continua a rimanere in zona rossa, molte attività commerciali sono chiuse, ma in strada ci sono ugualmente migliaia di persone a passeggio. Questo significa far pagare la crisi solo ad alcune categorie, che sono già in ginocchio. Invece – ecco una delle ricette del numero uno degli industriali siciliani – sarebbe più opportuno consentire a bar e ristoranti di restare aperti con tutte le cautele del caso, rispettando i protocolli nazionali e mettendo in campo controlli adeguati”. E poi, ancora in riferimento al coprifuoco, Albanese aggiunge: “Se l’85 per cento della mortalità si registra nella fascia degli ultra settantenni, che sono quelli che escono meno la sera, credo che il coprifuoco c’entri poco. Al contrario, se si dovesse notare che l’età media di chi si ammala e muore si abbassa di molto, allora potrebbe essere corretto mantenere una restrizione agli spostamenti oltre una certa ora. Ma non mi sembra che i dati a nostra disposizione vadano in questa direzione”. Vi è il rischio di assembramenti la notte? E il responsabile di SicIndustria replica: “Oggi con bar e ristoranti chiusi, alcune sere, già alle 20 o alle 21 è possibile vedere folle di giovani assembrati senza mascherine in ogni città d’Italia, da Nord a Sud. E’ un problema di civiltà delle persone, non di chiusure. Ed è assurdo anche il via libera alle riaperture per i ristoranti che hanno spazi all’aperto: è concorrenza sleale, perché non tutti i locali hanno spazi all’aperto, e così se ne favoriscono alcuni a scapito di altri, come si favoriscono alcune aree del Paese a danno di altre in cui le condizioni climatiche non permettono di utilizzare spazi esterni. Se in un ristorante al chiuso ho la possibilità di un corretto distanziamento e una buona ventilazione non cambia molto”. Poi, infine, a proposito della crisi economica, Alessandro Albanese riflette così: “Lo stato di emergenza, che doveva durare 4-5 mesi, va avanti da un anno. Non sappiamo ancora quante aziende avranno la possibilità di riprendersi. Proprio per questo abbiamo chiesto non i ristori da poche migliaia di euro che non servono a nessuno, ma degli interventi che possano dare alle imprese la capacità di rilanciare la propria attività attraverso prestiti a 20 anni con interessi zero. La ripresa arriverà non prima del 2026. In questo arco di tempo bisogna dare agli imprenditori la possibilità di programmare attività e investimenti. Serviranno da 15 a 20 anni per ripagare i debiti accumulati durante la crisi pandemica. Al ristoratore che sta fermo da sette mesi non si può pensare di dare qualche migliaio di euro. O gli rimborsi tutto o lo hai condannato a chiudere”.