Le associazioni d’impresa siciliane si rivolgono con un appello al governo nazionale: “La Sicilia sia dichiarata zona gialla a tutela delle attività produttive”.
La Sicilia è zona arancione. Le conseguenze sono chiusure e limiti alle attività produttive. Ecco perché le associazioni d’impresa lanciano un grido d’aiuto al governo nazionale affinchè la Sicilia sia dichiarata zona gialla. Il primo lockdown è costato alla rete produttiva della Sicilia 5,5 miliardi di euro. E adesso solo il primo mese di misure restrittive ha causato la perdita di un miliardo. Quasi tutte le associazioni d’impresa dell’isola, che rappresentano più o meno 300mila imprese, hanno firmato un documento inviato al governo nazionale. E si legge: “La Sicilia sia dichiarata zona gialla. In un momento drammatico come quello che le nostre imprese stanno vivendo, occorre senso di responsabilità fuori dai giochi di appartenenza politica. Vengano messe in campo tutte le procedure e tutte le attività necessarie, tutte le prassi e i protocolli per far sì che la Sicilia venga riportata nel novero delle regioni cosiddette gialle. Occorre prendere tutte le misure che consentano da un lato di tutelare la salute e dall’altro di affrontare il tema della tenuta del nostro sistema economico e sociale. Le istituzioni, tutte, si mobilitino al fine di portare la regione fuori dal perimetro dell’emergenza: non intendiamo, in una fase così delicata, andare alla ricerca delle singole responsabilità, ma di certo chiediamo un indispensabile senso di responsabilità nelle cause e nei rimedi. Auspichiamo che venga fatta un’analisi critica dei parametri che ci hanno condotto nella fascia arancione al fine di mettere in atto misure che ci consentano di tutelare la salute e di affrontare il tema della tenuta del sistema economico e sociale. Occorre dare risposte immediate alle tante categorie produttive che stanno affrontando una grave crisi e che auspicano interventi che consentano di rimettere in moto l’economia. Governi regionale e nazionale si muovano seguendo un unico comune interesse. Di guerre di campanile non sentiamo sicuramente il bisogno” – concludono Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, Confapi, Legacoop, Confcooperative, Unci, Agci, Unicoop, Ance Sicilia, CNA Sicilia, Conflavoro PMI Sicilia, Assoimpresa, e Confagricoltura.