Giornata calda fra Corte di appello e tribunale di Agrigento nei procedimenti nati dall’inchiesta “Duty free” che ipotizza un giro di tangenti all’Agenzia delle Entrate di Agrigento in cambio di favori e annullamenti di sanzioni tributarie. Nel troncone processuale di appello, che scaturisce dallo stralcio del rito abbreviato, in realtà, non si contesta alcun episodio di corruzione. Questo perché, in primo grado, il 28 novembre del 2017, il gup di Agrigento Giuseppe Miceli aveva deciso otto assoluzioni e tre condanne ma solo per l’accusa di abuso di ufficio: tutti scagionati, invece, dalle imputazioni più gravi di corruzione. L’unico episodio in discussione davanti alla Corte di appello riguarda un’ipotesi di abuso di ufficio per la quale, in primo grado, sono stati condannati l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate di Agrigento, Pietro Pasquale Leto (un anno e quattro mesi), l’imprenditrice Maria Lombardo, 54 anni (8 mesi) e il funzionario dell’Agenzia Antonino Migliaccio (8 mesi).
La condanna per abuso di ufficio scaturisce dalla circostanza che Lombardo, titolare di un’attività di noleggio di auto a Lampedusa, avrebbe beneficiato di un illegittimo annullamento di una sanzione tributaria di oltre 200 mila euro. Il sostituto procuratore generale, questa mattina, ha chiesto la conferma delle tre condanne. Il 14 dicembre gli avvocati Alfonso Neri e Salvatore Pennica illustreranno le rispettive conclusioni.
Per altri dodici, intanto, il dibattimento – nel quale sono contestate pure ipotesi di corruzione – è entrato nel vivo nelle scorse udienze, davanti ai giudici della seconda sezione penale presieduta da Wilma Angela Mazzara, ma oggi c’è stato un rinvio per un problema di salute di uno degli imputati. Sotto accusa: Antonio Vetro, 50 anni, di Favara, consulente del lavoro; Vincenzo Tascarella, 66 anni, Giuseppe Cumbo, 67 anni, Giuseppe Castronovo, 60 anni, di Favara, Filippo Ciaravella, 67 anni, di Agrigento, Piera Callea, 54 anni, di Favara, Angelo Pagliarello, 62 anni, di Campobello; tutti funzionari dell’Agenzia; Salvatore La Porta, 45 anni, socio e amministratore della Metalmeccanica agrigentina; i medici Giovanni Crapanzano, 71 anni, di Favara, e Santo Pitruzzella, 69 anni, anche lui di Favara, accusati di avere rilasciato falsi certificati ad alcuni funzionari dell’Agenzia e i ristoratori favaresi Giuseppe Costanza, 35 anni e il padre Salvatore Costanza, 69 anni, accusati di avere rilasciato una falsa attestazione per dei rimborsi al funzionario Cumbo.