Misura di prevenzione confermata: la Corte di appello di Palermo non applica alcuno “sconto” sulla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, decisa per la durata di tre anni e sei mesi dal tribunale di Agrigento, nei confronti di Diego Gioacchino Lo Giudice, 73 anni, imprenditore di Canicattì. Rigettato, quindi, il ricorso del difensore, l’avvocato Angela Porcello. Lo Giudice, in particolare, aveva presentato ricorso contro la decisione dei giudici che avevano disposto la misura della sorveglianza speciale nei suoi confronti rigettando (quasi totalmente) quella patrimoniale con cui si chiedeva la confisca dei beni.
La pericolosità sociale di Lo Giudice, infatti, è ritenuta attuale e “la persistente riproducibilità – scrive la Corte di appello – della condotta di collaborazione con il sodalizio criminale costituisce un dato di probabile verificazione”. Decisive anche le dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia. La storia di Diego Gioacchino Lo Giudice è collegata alla scalata al vertice della mafia agrigentina del boss di Campobello di Licata Giuseppe Falsone di cui è stato ritenuto uno dei fedelissimi.
Il settantenne è stato coinvolto nell’operazione “Apocalisse” del 2010, accusato di essere uno dei prestanome nonché fedelissimi di Giuseppe Falsone che aveva scommesso sul business della grande distribuzione e si è servito di lui – secondo quanto accertato dal processo – per alcune speculazioni illegali.