Sul “Messaggero” di domenica 28 giugno, il giornalista, editorialista e scrittore agrigentino Matteo Collura scrive:
Venerdì scorso, 26 giugno, ha segnato l’ottantasettesimo anniversario della morte di Alexander Hardcastle. Chi era costui, direte come don Abbondio dice nel romanzo del Manzoni. Questa rubrica mi offre l’opportunità di ricordare un personaggio che, pur essendo sconosciuto ai più, merita un po’ della nostra attenzione e direi anche di riconoscenza. Appartenente a una nobile famiglia inglese, ufficiale dell’esercito britannico, Sir Alexander Hardcastle (il Sir è un nostro doveroso omaggio), nel 1921 capitò in Sicilia e, giunto ad Agrigento, decise di buttare via tutto quanto gli apparteneva fino a quel momento. Cambiò totalmente vita, stabilendosi nella Città dei Templi. Non per fare il turista, ma per incentivarne le attività archeologiche. Una mania, la sua, che lo portò alla rovina economica, ma che permise di riportare alla luce vestigia di notevole interesse, oggi un tesoro per questo angolo di Sicilia.
In dodici anni di permanenza ad Agrigento, il “Capitano”, come tutti impararono a chiamarlo, contribuì come nessuno fino ad allora – e fino a oggi – alla valorizzazione di un immenso patrimonio archeologico. Si racconta che scrutasse la valle con un cannocchiale per poi partirsene, armato di picozza, verso i luoghi dove scavare. Sue le scoperte degli altari presso il tempio di Demetra, la parziale ricostruzione del tempio di Ercole, la sistemazione del santuario delle divinità ctonie presso il tempio di Vulcano, la ricostruzione del tempio di Esculapio. Inoltre, Villa Aurea, che fu la sua scenografica casa nel cuore della Valle, è una delle più apprezzate attrazioni turistiche.
Per sua volontà fu sepolto nel cimitero di Agrigento, in una – come lasciò scritto – “modestissima tomba con una finestra sulla Valle dei Templi per farvi entrare la luce e il profumo dei mandorli a primavera”. Per accontentarlo, nel muro di cinta del cimitero, di fronte la sua tomba, è stato aperto un buco. Non è una finestra, ma può bastargli.
Matteo Collura