“Sabato 23 maggio torneremo a commemorare le vittime della strage di Capaci. Per il 28esimo anno ricorderemo il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Non sarà come negli anni precedenti un palcoscenico a beneficio dell’ipocrisia e della retorica. Le misure anti-Covid, almeno per quest’anno, ci risparmieranno le consuete passerelle da parte di un’antimafia di professione che si confonde tra i tanti che realmente credono nei valori della giustizia e della legalità. Un’antimafia di professione che sempre più spesso abbiamo visto coinvolta in scandali politici e giudiziari”.
E’ quanto afferma Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei Familiari di vittime innocenti di mafia, dell’associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”.
“Il valore della memoria sta nell’aiuto che dobbiamo trarne per costruire, mattone su mattone, una società più sana. Ben vengano dunque le commemorazioni, il ricordo di Uomini come Falcone, Borsellino e quanti altri furono uccisi da vile mano assassina, ma non possiamo fermarci a vivere nel ricordo del passato. Oggi più che mai il nostro impegno deve essere quello di chiedere a gran voce che venga strappata quella ragnatela che continua ad avvolgere i tanti misteri delle stragi del ’92, a partire dal dossier mafia-appalti, l’indagine voluta da Falcone e che Borsellino avrebbe voluto venisse portata avanti, che in molti ormai ritengono sia stata la vera causa degli attentati.
Era stato Giovanni Falcone – prosegue Ciminnisi – il primo a comprendere che per trovare e sconfiggere la mafia era necessario indagare i grandi flussi economici dai quali la stessa traeva la sua linfa vitale, avviando indagini patrimoniali e bancarie per ricostruire i tortuosi percorsi del denaro proveniente dai traffici illeciti. Fu Falcone il primo a subire le conseguenze del voto del Consiglio Superiore della Magistratura che – in un gioco di correnti quale quello che attualmente emerge – portò allo smantellamento del suo metodo di lavoro che aveva conseguito brillanti risultati nella lotta alla mafia, riportandolo indietro di un decennio.
Ricordo le parole di Falcone, quando negli anni ‘80, ai tempi del maxiprocesso, quando iniziò a deporre Buscetta, incontrai il Giudice per chiedere che venissero assicurati alla giustizia gli assassini di mio padre, vittima innocente di mafia. Il Giudice Falcone mi rassicurò, mi disse che non sarebbero rimasti impuniti e mi fece una carezza paterna.
Una carezza fatta a un ragazzino che chiedeva giustizia per suo padre. Una carezza che oggi mi brucia, perché dopo le stragi – anche noi appartenenti al mondo delle associazioni – abbiamo commesso l’errore di seguire pedissequamente i guru dell’antimafia che ci hanno portato a dar credito a falsi pentiti, depistatori e carrieristi, allontanandoci dalla verità.
Questo 23 maggio, ricorderò così il sacrificio di Giovanni Falcone, lontano da passerelle, da ogni retorica e ipocrisia. Commemoriamo i nostri eroi – conclude Giuseppe Ciminnisi – ma facciamo un mea culpa, cambiamo rotta e ripartiamo dall’insegnamento di Giovanni Falcone: Seguite i soldi, troverete la mafia!
Riesumate il dossier mafia-appalti!”