La Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta emette la sentenza di secondo grado al processo sulla strage di Via D’Amelio frutto delle rivelazioni di Gaspare Spatuzza.
A Caltanissetta, al palazzo di giustizia, la Procura Generale, tramite Lia Sava e Antonino Patti, è stata impegnata nella requisitoria al processo d’Appello “Borsellino quater”, il quarto sulla strage di via D’Amelio, frutto delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, della revisione e l’annullamento degli ergastoli ai condannati innocenti, e del depistaggio delle indagini. Lia Sava ha invocato la conferma delle condanne inflitte in primo grado dalla Corte d’Assise di Caltanissetta, presieduta dal giudice Antonio Balsamo, il 20 aprile del 2017: il carcere a vita ai boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, e poi 10 anni di reclusione ciascuno, per calunnia, a Francesco Andriotta e Calogero Pulci, che sono i falsi pentiti sbugiardati da Gaspare Spatuzza, che ha smentito anche il più celebre Vincenzo Scarantino, per il quale il reato è stato dichiarato prescritto.
Ebbene, adesso, la Corte d’Assise d’Appello, presieduta dalla giudice Andreina Occhipinti, ha confermato la sentenza di primo grado: ergastolo per i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino, e 10 anni ciascuno ai falsi collaboratori di giustizia Calogero Pulci e Francesco Andriotta. Reato prescritto per Vincenzo Scarantino.
Salvo Madonia sarebbe stato tra i mandanti della morte di Paolo Borsellino. Vittorio Tutino, invece, avrebbe partecipato alla fase esecutiva della strage. I tre falsi pentiti, Scarantino, Andriotta e Pulci sarebbero stati gli attori protagonisti del “depistaggio colossale”, come lo ha definito il magistrato Sergio Lari, che ha indotto i giudici fino alla Cassazione a costringere all’ergastolo, e alla detenzione per tanti anni, sette innocenti per i quali, appena l’attuale sentenza emessa a Caltanissetta sarà definitiva, sarà avviato il processo di revisione, già chiesto dalla Procura generale di Caltanissetta. Nel frattempo, a Caltanissetta è in corso il processo di primo grado sul depistaggio, con imputati, di concorso in calunnia, il funzionario di Polizia Mario Bò, e gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. E ancora nel frattempo, nell’ambito della stessa inchiesta sul depistaggio, la Procura della Repubblica di Messina, diretta da Maurizio De Lucia, ha iscritto nel registro degli indagati due magistrati del pool che indagò sull’attentato. Si tratta di Carmelo Petralia e Annamaria Palma, a carico dei quali si ipotizza il reato di calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra in concorso con i tre poliziotti del gruppo La Barbera attualmente sotto processo a Caltanissetta. Annamaria Palma oggi è avvocato generale a Palermo, e Carmelo Petralia è procuratore aggiunto a Catania. I magistrati e i poliziotti avrebbero imbeccato i tre falsi pentiti costruiti a tavolino, tra cui Vincenzo Scarantino, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato alcune persone estranee a quanto accaduto. Ai magistrati si contesta, oltre all’aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche l’aggravante derivante dalla circostanza che alla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore ai 20 anni di carcere.