Il Comune di Agrigento ha intimato alla congregazione delle “Serve dei Poveri” il pagamento di 192mila euro come canoni arretrati per l’utilizzo di un immobile comunale in via Orfane adibito a sede del “Boccone del povero” e del “Centro di ascolto e di accoglienza Giuseppe Maria Tomasi di Lampedusa”. Le suore hanno risposto preparando le valige, salutando e ringraziando. Trenta persone senza fissa dimora sono in bilico. Nicola Pollicino e don Vito Scilabra, responsabili del centro, affermano: “Adesso questi nostri amici sono per strada, in situazione di insicurezza. Sono persone fragili, che, oltre che ospitare, abbiamo curato, assistito, amato, ridando dignità e speranza a chi l’aveva persa. Grazie al clima di comunità e di solidarietà che si è creato tra volontari e ospiti, il nostro desiderio era di poter costruire con queste persone percorsi di inclusione permanenti”.
Già lo scorso mese di luglio il Comune di Agrigento ha comunicato ai gestori della Biblioteca Lucchesiana di non essere più disponibile al pagamento delle utenze elettriche, idriche e telefoniche.
Il caso odierno del “Boccone del povero” è ben diverso. Infatti, si dovrebbe considerare le suore e i volontari del centro d’accoglienza come dei protagonisti civici, al pari di coloro che ottengono dal Comune uno spazio verde, lo curano e lo abbelliscono. Allo stesso modo le suore hanno a disposizione un immobile che altrimenti sarebbe condannato al degrado e all’incuria, e lo rendono casa del povero. Più protagonismo civico di così. O no?