Agli atti dell’inchiesta della Procura di Agrigento il video dello schianto dell’ultraleggero di Salvatore Scannella sulla 640. Opposizione alla richiesta di archiviazione.
Al mattino del 21 marzo del 2017, Salvatore “Totò” Scannella è morto tra le mani dei Vigili del fuoco che lo hanno estratto con difficoltà dalle lamiere contorte del suo aereo. E la moglie, Palma Randazzo, appena ha appreso la notizia è stata colta da un malore, ed è stata soccorsa in ospedale ad Agrigento, al “San Giovanni di Dio”. Salvatore Scannella, 55 anni, di Campofranco, padre di Francesco e di Fortunato, dipendente dell’Anas, già consigliere comunale della cittadina in provincia di Caltanissetta, è stato vittima di un incidente aereo allorchè il mezzo da lui pilotato, un “Tecnam”, è caduto dopo essersi imbrigliato, tranciandoli, tra i cavi dell’alta tensione di un elettrodotto, in territorio di Favara, al confine con Agrigento, in contrada Petrusa, lungo il tracciato della strada statale 640. L’aereo precipitato, che è stato della Guardia Costiera Ausiliaria e poi è stato acquistato da Scannella, non è dotato di scatola nera, e ad orientare la ricerca della verità sulla dinamica dello schianto è stata soprattutto la stessa telecamera che Salvatore Scannella ha installato sull’ultraleggero per registrare un video del percorso stradale in fase di costruzione. Infatti, il video ha immortalato gli ultimi istanti di vita di Salvatore Scannella. Eccolo… Il video è agli atti dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Agrigento, che ha presentato una richiesta di archiviazione a cui si è opposta la famiglia di Scannella, assistita dagli avvocati Francesco Turoni ed Elisa Butera, secondo cui i cavi dell’alta tensione non sono stati adeguatamente segnalati e, pertanto, ricorrono delle responsabilità. I legali, inoltre, hanno contestato la perizia per la quale il velivolo non ha avuto l’autorizzazione necessaria a sorvolare la zona alla quota a cui ha volato al momento dell’impatto con i cavi dell’alta tensione. Ed il figlio della vittima, Francesco Scannella, ha ribadito: “Gli ultraleggeri hanno altri limiti di quote e mio padre stava volando alla quota giusta per effettuare le riprese, e non ha avuto nessuna colpa se chi di dovere non aveva provveduto a segnalare i cavi con i consueti dispositivi. Abbiamo richiesto nuove indagini che approfondiscano e confermino questi veritieri fatti e un accertamento più approfondito sulle responsabilità delle alte sfere di Anas che avevano espressamente chiesto e autorizzato gli ‘speciali’ servizi di mio padre per i fini istituzionali della società”.