La presunta rete di spie e favori allestita da Antonello Montante: indagini concluse per 24 indagati. A Renato Schifani contestato anche il concorso in associazione a delinquere.
La Procura di Caltanissetta, capitanata da Amedeo Bertone, forte delle indagini della Squadra Mobile nissena diretta da Marzia Giustolisi, ha concluso le indagini su una delle due associazioni a delinquere contestate all’ex presidente di ConfIndustria Sicilia, Antonello Montante. Si tratta della rete di spie e di favori che Montante avrebbe allestito per beneficiare di soffiate e informazioni su indagini che lo avrebbero coinvolto più o meno direttamente. E il concorso a tale associazione a delinquere è contestato anche all’ex presidente del Senato, Renato Schifani, finora indagato solo per rivelazione di notizie riservate e favoreggiamento nei confronti di Montante. L’ipotesi del concorso in 416 è a carico non solo di Schifani ma anche di Andrea Grassi, dirigente della prima divisione Servizio centrale operativo di Roma, poi Andrea Cavacece, capo reparto dell’Aisi, che è il servizio segreto civile, e poi Angelo Cuva, docente universitario. “I quattro – scrive la Procura di Caltanissetta – avrebbero concorso nel rafforzamento e perseguimento degli interessi mettendo a disposizione degli appartenenti al sodalizio le possibilità derivanti dai ruoli ricoperti, al fine di aiutarli a eludere le investigazioni che la Procura della Repubblica di Caltanissetta stava eseguendo sul loro conto, attraverso la rivelazione reiterata e continuativa di notizie coperte da segreto d’ufficio relative alle indagini svolte nei loro confronti”. E poi gli altri indagati a cui è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini sono Massimo Romano, imprenditore, che avrebbe assicurato assunzioni di appartenenti alle forze dell’ordine. E poi “dietro elargizione di favori per loro stessi o per amici e familiari, avrebbero eseguito attività del loro ufficio in maniera tale da soddisfare gli interessi di Antonello Montante”: Gianfranco Ardizzone, Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta e poi Capo centro della Direzione investigativa antimafia, Ettore Orfanello, comandante della Tributaria della Guardia di Finanza di Caltanissetta, e Mario Sanfilippo, appartenente al Nucleo di polizia tributaria. E poi Giuseppe D’Agata, comandante provinciale dei Carabinieri di Palermo, avrebbe fornito a Montante informazioni riservate. E poi, Diego Di Simone, capo della squadra sicurezza di ConfIndustria Sicilia, Marco De Angelis, sostituto commissario della Polizia, e Salvatore Graceffa, vice Sovrintendente della Polizia di Stato, “al fine di tutelare gli interessi di Montante, avrebbero reperito, attraverso accessi abusivi nella banca dati delle forze dell’ordine, informazioni di natura riservata”. E poi, Arturo Esposito, comandante della Legione Carabinieri Sicilia e Capo di Stato maggiore dei Carabinieri, si sarebbe occupato di promozioni e trasferimenti e avrebbe veicolato informazioni di natura riservata. E poi, ancora, indagini concluse per Salvatore e Andrea Calì, titolari di una impresa di intelligence, e che rispondono di favoreggiamento, e poi il colonnello Letterio Romeo, ex comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri di Caltanissetta, che avrebbe occultato una relazione di servizio e risponde di soppressione di atti. E poi il dirigente generale dell’assessorato Attività produttive, Alessandro Ferrara, indagato per favoreggiamento, così come il sindacalista Maurizio Bernava. E poi Carlo La Rotonda, direttore di Confindustria Centro Sicilia, indagato di simulazione di reato, così come Salvatore Mauro, dipendente dell’impresa dei Calì. E poi sono indagati per favoreggiamento anche Vincenzo Mistretta, ritenuto uomo di fiducia di Montante, e le collaboratrici di Montante, Rosetta Cangialosi e Carmela Giardina: la notte del blitz a Milano, il 14 maggio scorso, avrebbero aiutato Antonello Montante a distruggere, prima di essere arrestato, pen drive e appunti, poi lanciati dalla finestra in un pozzo luce.