La Cassazione ha risposto no alla concessione della detenzione domiciliare all’ex boss poi pentito, Giovanni Brusca. Secondo i giudici della Cassazione “il ravvedimento non può essere presunto sulla base della sola collaborazione e dell’assenza di attuali collegamenti con la mafia, ma richiede ulteriori, specifici, elementi e una maggiore attenzione verso le vittime”. Dunque la Suprema Corte ha confermato quanto già stabilito nell’ottobre scorso dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Giovanni Brusca sconta una condanna a 30 anni che scade nel 2022, e non l’ergastolo in base ai benefici riconosciuti per la sua collaborazione.