Altri elementi di prova e le dichiarazioni di un nuovo collaboratore di Giustizia: i Carabinieri arrestano dieci già indagati nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Montagna”.
I dieci arrestati dai Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento, alle redini del colonnello Giovanni Pellegrino, sono:
Antonino Vizzì, 63 anni, di Raffadali, ritenuto reggente della famiglia di Raffadali.
Vincenzo Pellitteri, 66 anni, di Chiusa Sclafani, in provincia di Palermo, presunto reggente della famiglia di Chiusa Sclafani.
Franco D’Ugo, 52 anni, di Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, ritenuto affiliato alla famiglia di Palazzo Adriano.
Giovanni Gattuso, 62 anni, di Castronovo di Sicilia, in provincia di Palermo, che sarebbe a capo della famiglia di Castronovo di Sicilia.
Vincenzo Cipolla, 56 anni, di San Biagio Platani, presunto affiliato alla famiglia di San Biagio Platani.
Raffaele La Rosa, 59 anni, di San Biagio Platani, anche lui ritenuto appartenente alla famiglia di San Biagio Platani.
Raffaele Salvatore Fragapane, 40 anni, di Santa Elisabetta, ritenuto parte della famiglia di Santa Elisabetta.
Luigi Pullara, 54 anni, di Favara, presunto esponente di vertice della famiglia di Favara.
Angelo Di Giovanni, 46 anni, di Favara, ritenuto affiliato alla famiglia di Favara.
Giuseppe Vella, 37 anni, di Favara, anche lui ritenuto affiliato alla famiglia di Favara.
Si tratta di dieci già indagati dalla Procura antimafia di Palermo e arrestati dai Carabinieri agrigentini il 22 gennaio scorso, il giorno della maxi operazione cosiddetta “Montagna”. Poi, a febbraio, progressivamente, ai dieci è stata restituita la libertà in sede di Riesame delle ordinanze cautelari. Il blitz odierno è scattato nottetempo: un elicottero ha vigilato in quota, volando tra Raffadali, Favara e San Biagio Platani. E a terra hanno lavorato oltre 100 militari, che si sono avvalsi anche di cani per la ricerca di droga, armi ed esplosivi, irrompendo in ville, appartamenti, case di campagna e casolari. Gli ordini di arresto sono stati firmati dal Tribunale di Palermo, contestando il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, armata, e finalizzata alle estorsioni. Da febbraio a maggio i Carabinieri del Reparto Operativo di Agrigento hanno acquisito altri elementi di prova, che sono stati rinforzati dalle dichiarazioni rese da un nuovo collaboratore di Giustizia, che ha saltato il fosso dopo essere stato anche lui arrestato lo scorso 22 gennaio. Dunque, tali gravi e concordanti ulteriori indizi di responsabilità, soprattutto estorsioni, tentate e consumate, a danno di sette società appaltatrici di ingente valore, hanno giustificato l’emissione dei mandati di cattura.