Il Tribunale di Agrigento deposita le motivazioni della sentenza di condanna inflitta per la tragedia delle Macalube ad Aragona. I dettagli.
Lo scorso 30 gennaio il giudice monocratico del Tribunale di Agrigento, Giancarlo Caruso, ha condannato per omicidio colposo plurimo Domenico Fontana e Daniele Gucciardo, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte dei fratelli di Aragona, Carmelo e Laura Mulone, di 9 e 7 anni, vittime il 27 settembre del 2014 di una eruzione dei vulcanelli nella riserva “Macalube” ad Aragona gestita da Legambiente. Sei anni di reclusione sono stati inflitti al già presidente regionale di Legambiente e direttore della riserva Macalube di Aragona, Domenico Fontana. E 5 anni a Daniele Gucciardo, operatore della stessa riserva. E’ stato invece assolto, nonostante la pretesa di condanna a 6 anni, Francesco Gendusa, dirigente regionale responsabile delle aree protette. Ebbene, adesso il giudice Caruso ha depositato le motivazioni della sentenza e, tra l’altro, ha scritto: “Avevano il dovere di vigilanza su tutto quanto avveniva all’interno della riserva. Era urgente e necessario un accertamento in merito alle condizioni di sicurezza per la fruizione dell’area che giustificava un blocco a tempo indeterminato delle visite finché non fossero stati elaborati livelli di esposizione al rischio compatibili con l’esigenza di salvaguardare vite umane”. Poi il giudice Caruso bacchetta le giustificazioni addotte dagli imputati e scrive: “L’affermazione secondo cui ciò che era accaduto il 27 settembre 2014 era assolutamente imprevedibile perché alle Macalube nessuno si era mai fatto del male, appare la palese estrinsecazione della superficialità con cui il tema della sicurezza delle persone era stato declinato nella concreta gestione da parte del personale della Riserva. Ripararsi sotto l’ombra della benevole sorte che aveva preservato l’indiscriminata comunità dei fruitori (fra cui, negli anni, decine di scolaresche), costituisce un segnale chiaro ed inequivocabile dell’omissione di qualsivoglia forma di attenzione e tutela per l’incolumità delle persone che avevano frequentato quel sito. Ad essere completamente inadeguato non era solo il sistema di asserita salvaguardia dell’ambiente naturale ma anche e soprattutto quello a garanzia dell’incolumità dei fruitori. L’esistenza di una barriera, ancorché precaria, in grado di frapporre una distanza minima dalla sede dell’esplosione, avrebbe potuto esercitare un’incidenza rilevante, quantomeno in termini di mitigazione del rischio, sugli eventi che si sono verificati il 27 settembre 2014”.