La Corte d’Assise di Palermo condanna tutti gli imputati per la presunta trattativa Stato-mafia tranne Nicola Mancino. Brusca e Ciancimino in prescrizione.
Il processo di primo grado sulla presunta “trattativa” tra Stato e mafia all’epoca delle stragi tra il 1992 e il 94 si è concluso a Palermo, nell’aula bunker dell’Ucciardone, innanzi alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Alfredo Montalto, che ha impiegato quasi 7 minuti per leggere la sentenza. Si sono svolte 201 udienze. Poi lo scorso dicembre 2017 la Procura, tramite Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi, ha iniziato la requisitoria, proseguita fino alla fine di gennaio. Adesso gli esiti. I magistrati inquirenti hanno invocato 16 anni di carcere a carico del boss Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, e unico corleonese storico in vita dopo la morte di Provenzano e Riina. E Bagarella è stato condannato a 28 anni di carcere. Poi sono stati proposti 15 anni per l’ex comandante del Ros dei Carabinieri, il generale Mario Mori, già a capo del servizio segreto civile. E Mori è stato condannato a 12 anni. E, così come preteso dalla Procura, 12 anni sono stati inflitti anche ad un altro ex Carabiniere in servizio al Ros a cavallo del periodo di tempo incriminato, il generale Antonio Subranni, al medico mafioso Antonino Cinà, e poi all’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che attualmente sconta in carcere la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Ne sono stati chiesti 12 ed è stato condannato a 8 anni il colonnello, all’epoca capitano del Ros, Giuseppe De Donno. E poi, a fronte di una richiesta di condanna a 6 anni, è stato assolto, “perché il fatto non sussiste”, l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza. E poi nulla per Giovanni Brusca, perché, con gli sconti di pena a favore dei collaboratori, il reato contestato, ossia minaccia e violenza a Corpo politico dello Stato, è prescritto. E prescrizione è intervenuta anche per il reato contestato a Massimo Ciancimino, il concorso esterno alla mafia, perché risalente a non oltre il gennaio 1993. Però, contro Ciancimino la Procura ha chiesto 5 anni di reclusione per calunnia a danno dell’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro. E per tale imputazione Ciancimino è stato condannato a 8 anni. Secondo la tesi accusatoria, tra il 1992 e il 1994, alle stragi di Capaci, via D’Amelio, e agli attentati di Roma, Firenze e Milano, sarebbe seguito il tentativo di interrompere tale escalation tramite il dialogo con la mafia. E così la strategia stragista di Cosa nostra avrebbe ricattato lo Stato con la complicità di uomini dello Stato.