Ad Agrigento una 19enne, Maria Grazia Sciortino, ha diffuso una lettera rammaricandosi dello stato di afflizione di tanti giovani della sua stessa generazione, costretti ad emigrare altrove perché Agrigento non offre nulla.
“Sento ancora parlare di Agrigento 2020, di come “la maestosa Valle dei Templi” non abbia superato le altre città in gara. In merito a ciò vorrei dire che essere Capitale della Cultura, secondo me, non significa solo valorizzare i beni culturali e paesaggistici, e migliorare i servizi rivolti ai turisti, come vuole la prassi, ma è molto, molto e ancora molto di più.
Agrigento è la Valle dei Templi e l’eccezionale scoperta del teatro ellenistico, ma è anche la chiusura delle facoltà di archeologia, architettura e giurisprudenza per le matricole del Polo Universitario.
Agrigento è il panorama che si può osservare dalla torre della Cattedrale, la quale è a rischio crollo, e non salvarla sono ”scelte politiche”, dicono.
Agrigento è il largo Viale della Vittoria con i suoi alberi e con i suoi vasi, acquistati da privati e installati nel 2015, ormai vandalizzati.
Agrigento è “la casa del libro” alla Villa Bonfiglio, messa a disposizione dell’intera comunità per diffondere il piacere della lettura e il valore della Cultura, anche quest’ultima nelle mani del vandalismo.
Agrigento è la raccolta differenziata avviata nel 2018.
Agrigento sono i negozi chiusi della Via Atenea.
Agrigento è la movida quasi morta.
Agrigento sono gli agrigentini che rendono difficile la vita di chi, con enormi sacrifici, forza, caparbietà, voglia di fare e intraprendenza, ha realizzato esercizi commerciali, e con le proprie azioni tenta di far cessare le attività in pieno centro cittadino perché vorrebbe una città deserta e nel regresso, come se fosse una campagna: in assoluto silenzio.
A me la cattiveria stupisce sempre, non sarò mai abbastanza grande per comprenderla e mai piccola d’animo per praticarla.
Agrigento sono io, siamo noi giovani che, per poterci realizzare, siamo costretti a emigrare e a studiare al nord perché questa terra ci offre poco e niente.
Non mi sento, sinceramente, di fare il nome del poeta greco Pindaro, in quanto le poesie da lui prodotte erano su commissione (veniva pagato), bensì il nome di Pirandello, infatti in questa città la cultura è solo una maschera indossata per fare un’ipocrita pubblicità ai nostri reperti, ma questa parola dovrebbe essere concepita in un modo del tutto diverso: la cultura comprende tutta l’economia dell’intera comunità e dello stile di vita.
La Cultura siamo noi e noi di Cultura non ne sappiamo niente.
Con affetto, dispiacere , rammarico e delusione”.
Maria Grazia Sciortino