A Parma, all’ospedale “Maggiore”, la visita dei familiari di Totò Riina si è protratta poco meno di 30 minuti. Da Corleone sono giunti la moglie Ninetta Bagarella con la figlia Maria Concetta, e da Padova il figlio Salvo, accompagnati dall’avvocato Luca Cianferoni. Dall’autopsia, compiuta perché la Procura ha inteso fugare così ogni illazione sulla causa della morte, non sono emersi elementi particolari. Dopo il nullaosta al trasporto in Sicilia, Riina sarà condotto e sepolto nel cimitero comunale di Corleone, dove già riposano gli altri compagni di ventura che sono stati prima a battesimo e poi a fianco della carriera e dell’ascesa di Totò Riina: Michele Navarra, Luciano Liggio e le ceneri di Bernardo Provenzano, ossia la mafia in Sicilia per 50 anni, dal dopoguerra fino ai 2000. Adesso magistrati e investigatori si interrogano sul futuro di Cosa Nostra e la successione a Riina dopo la morte del “capo dei capi”. Il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, liquida subito l’elenco dei papabili successori come “velleitario oltre che prematuro”. E la morte di Riina forse segnerà uno spartiacque storico, nel senso che tramonterà la stagione, durata oltre 30 anni, dell’uomo solo al comando. E la nuova Cosa Nostra, altrettanto forse, sarà rifondata sulla Commissione, la Cupola, quindi un organo collegiale, come lo è stata prima dell’avvento dei Corleonesi e l’estromissione sanguinaria dei Palermitani, che all’epoca furono intesi come “gli scappati”, perché scapparono letteralmente rifugiandosi ovunque, anche in America, come Buscetta e Badalamenti, per sfuggire alla mattanza dei killers al soldo di Riina e Provenzano. Ancora il procuratore di Palermo Lo Voi rilancia il principio secondo cui Cosa Nostra “non rinuncerebbe mai a un vertice, individuale o collegiale che sia, perché la struttura verticistica è nel suo dna”. E l’ipotesi Matteo Messina Denaro non sarebbe praticabile perché è trapanese, forestiero, e quindi osteggiato da non pochi palermitani, e poi sarebbe impegnato a gestire soltanto i propri affari e la latitanza. E fin quando Riina è stato in vita, “lui dirige la baracca, ora e sempre, perché è lui il manovratore”: e sono state le parole che a Riina ha rivolto a processo il pentito Giuseppe “Pino” Marchese, cognato di Leoluca Bagarella, che ai giudici, a confronto con Riina, aveva ribadito “se lui non dà le dimissioni è sempre il capo”…intervento Marchese al Vg…