Così si è previsto che sarebbe stato. E così è stato. La rappresentazione farsesca della riforma delle Province in Sicilia è stata impugnata dal Governo nazionale, che adesso funge da Commissario dello Stato. E pertanto, dopo la riforma della gestione del servizio idrico e degli appalti, si dissolve nel nulla la legge regionale che, tra l’altro, ha ripristinato il voto diretto, con relative indennità per gli eletti, nelle ex Province e nelle Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Il presidente dell’Assemblea regionale, Giovanni Ardizzone, apprezza e commenta: “La decisione del Consiglio dei Ministri rimette ordine, anteponendo, come è giusto che sia, le istituzioni ai fini non nobili che in maniera trasversale, dal centrodestra al Movimento 5 Stelle, ma anche con pezzi del centrosinistra, si volevano perseguire. Quello messo in piedi era un evidente obbrobrio giuridico, che avrebbe definitivamente pregiudicato gli interessi della collettività piegandoli alla semplice governance. E’ stato un atto di un trasversalismo unico al quale mi sono volutamente sottratto perché le istituzioni vengono prima. Tiriamo, comunque, un sospiro di sollievo, perché nonostante tutto rimangono le tre Città metropolitane, grazie al cui riconoscimento sono stati sottoscritti i Patti per il Sud”. A seguito della legge regionale approvata lo scorso 9 agosto, adesso bocciata, il presidente della Regione ha annunciato il La legge mi impone la sostituzione, non posso fare altro. Non è una ritorsione contro Orlando”. In verità, l’impugnativa è un ricorso del Governo nazionale alla Corte Costituzionale contro una legge regionale, che nel caso specifico è la riforma delle ex Province approvata alla vigilia di Ferragosto in Sicilia. In attesa che si pronunci la Corte Costituzionale tutto è come prima. Nelle more, la Regione Sicilia potrebbe correggere il testo assecondando i rilievi anticostituzionali sollevati dal Governo nazionale. Però l’Assemblea regionale è in vacanza elettorale. Tra elezioni e insediamento, a Sala d’Ercole si lavorerà non prima di dicembre. A febbraio 2018 sono in calendario le elezioni Provinciali secondo la legge adesso impugnata. E dunque ecco disegnato un tracciato di confusione e incertezze, provocate da coloro che hanno legiferato con tanta approssimazione e superficialità, e che, al momento, è davvero difficile risolvere.