Adesso l’Assemblea regionale siciliana è in ferie. E prima dei saluti, alla vigilia di Ferragosto, sono risorte le Province che, in verità, non sono mai morte. Nel corso di quasi 4 anni è stata soltanto rappresentata una farsa, che è – si legge nel vocabolario – “un genere teatrale con un esasperato carattere comico, spesso con qualche grossolanità”. Il presidente della Regione, Crocetta, già nel 2013 ha sventolato entusiasta la bandiera dell’essere stato il primo in Italia ad abolire le Province. Il resto d’Italia si è adeguato dopo attuando la riforma Delrio. Nel frattempo, la Sicilia, tra un commissario e un altro a capo dei farseschi Liberi consorzi comunali, ha ripercorso tutte le caselle all’indietro, come nel gioco dell’oca, e oggi è, dopo tanto tempo di saltellamento farsesco, alla casella di partenza. Infatti, Sala d’Ercole ha approvato la proposta di legge che ripristina il voto diretto, e non più di secondo grado, per l’elezione del presidente della Provincia e dei consiglieri. Al presidente sarà pagato lo stipendio da sindaco, e i consiglieri intascheranno dei rimborsi spese. E si voterà alla prima occasione utile, quindi nella primavera del 2018, quando sono in calendario le amministrative. Il Movimento 5 Stelle si è opposto all’approvazione della legge di resurrezione delle Province bollandola come uno strumento per garantire una poltrona a coloro che non si siederanno più in Assemblea dove, tra l’altro, nella prossima legislatura i deputati saranno 70 e non 90. La controriforma delle Province è stata approvata con 32 sì su 47 votanti. Contrario tutto il gruppo del Movimento 5 Stelle, e due deputati di maggioranza si sono astenuti, Pino Apprendi e Filippo Panarello. Però e tuttavia: secondo tanti la controriforma delle Province in Sicilia sarà di vita breve perché contraria alla riforma Delrio, e quindi sarà impugnata e bocciata dal Governo nazionale come, tra tanti altri esempi, la riforma del settore idrico in Sicilia. E l’assessore regionale Antonello Cracolici, del Partito Democratico, spiega: “La decisione del Parlamento siciliano di approvare gli articoli della legge che ripristina l’elezione diretta a suffragio universale del sindaco metropolitano è una palese violazione della norma nazionale che ha avuto da parte della stessa Assemblea regionale il suggello di grande riforma economico sociale, da applicare anche in Sicilia. Pensare di riportare i cittadini al voto, senza che si attenda un riordino della materia da parte dello stesso parlamento nazionale, rappresenta uno spot che servirà soltanto a fare propaganda elettorale. E’ evidente che questa legge sarà inevitabilmente impugnata dal governo nazionale, determinando un ulteriore condizione di caos sulle ex Province che purtroppo sono già state oggetto in questi anni di una legislazione incerta e precaria. Illudersi di poter fare da soli in Sicilia, quello che ad oggi non è consentito dalla legge nazionale in tutta Italia, rappresenta solo il richiamo ad un’Autonomia malata che il centrodestra pensa a libero piacimento di potere applicare. E’ un grave errore politico da cui personalmente prendo radicalmente le distanze”.